OUTSIDERS

L’inventore di isole

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla scoperta di grandi artisti, opere e storie spesso dimenticate: Jean-Jacques Lequeu

Alfredo Accatino

Chi pensa che il Settecento sia stato solo trine, parrucche e Rococò, si sbaglia di grosso. È stato un secolo di rivoluzioni, invenzioni, persecuzioni, esecuzioni sommarie. Molta EncyclopŽdie e tanto sangue e merda. Scenari perfetti per ospitare la parabola creativa di un genio incompreso che genio non era. Poco abile nel disegno paragonato ai suoi contemporanei, ha progettato edifici fantastici che, a differenza di quelli di Étienne-Louis Boullée e Claude-Nicolas Ledoux, spesso accomunati al suo nome, sarebbero stati impossibili da realizzare, e ha infine vissuto la Rivoluzione per morire in povertà.

Nulla di ciò che ha scritto è arrivato a noi, nulla di ciò che ha ideato è stato realizzato, ma per fortuna ha lasciato poco prima di morire ottocento disegni alla Bibliothèque Nationale de France, garantendo alle sue idee di non essere dimenticate. Un’esplosione di visioni, utopie, racconti, perversioni, che lo rende unico. Basti prendere, per esempio, l’autoritratto con cappello, di una modernità sconvolgente. Sembra un’opera di Roland Topor. Non ha fronzoli, né compiacimenti. Ma l’ombra che taglia il volto lo proietta avanti nel tempo, al pari di quella sorta di bombetta che indossa, che appare arrivata dal futuro. È uno sbadiglio, lo dice il titolo dell’opera, ma sembra un grido, e mi farebbe piacere se andaste a cercare lo stesso soggetto realizzato da grandi artisti come Joseph Ducreux (1783) e Franz Xaver Messerschmidt (1781).

Nato nel 1757 a Rouen da una famiglia con una lunga tradizione di meccanici e architetti, Lequeu si reca a Parigi per prestare lavoro sotto Jacques-Germain Soufflot, architetto della chiesa di Sainte-Geneviève, ora Panthéon. Sembra ben indirizzato nella carriera, entra nella massoneria, ma quando il suo maestro muore, il giovane Lequeu si smarrisce. Viene in Italia al seguito del conte di Bouville, rimanendo sconvolto dal Grand Tour e dalle bellezze rinascimentali, ma quando torna non trova spazio. La Rivoluzione ha spazzato via i privilegi, ma anche le commesse dei nobili. Si presta a lavori di poco conto, per essere infine assunto come cartografo, occupazione che nulla aveva a che fare con le sue ambizioni di progettista.