Chiara Valdambrini è archeologa, dal 2019 ad agosto 2023 è stata direttrice scientifica del Museo archeologico e d’arte della Maremma. Si è laureata in Lettere moderne con indirizzo archeologico medievale all’Università degli Studi di Siena e nel 2010, sempre presso lo stesso ateneo, ha conseguito il dottorato di ricerca. Ha all’attivo curatela di mostre, formazione, didattica museale, organizzazione di eventi, pubblicazioni e partecipazioni a convegni sia nazionali che internazionali.
Lei è diventata solo da poco direttrice del Santa Maria della scala. Com’è andato questo primo periodo?
Come in tutte le nuove situazioni sono voluta entrare in punta di piedi e in maniera graduale, per cercare di comprendere a fondo il luogo, le sue
esigenze, le sue potenzialità, le sue ferite e trovare i giusti equilibri per fare squadra. I mezzi operativi sono stati, e sono tuttora, accoglienza,
ascolto e condivisione. È importante operare per gradi, serve a calibrare il tiro e a costruire la fiducia. Credo nelle persone e nel lavoro di gruppo
composto da professionalità di diversa formazione e competenza, ciascuna in grado di apportare conoscenze e innovazioni per rendere grande ogni
progetto.
Cosa significa dirigere un museo così vario ed eterogeneo come il Santa Maria della scala?
Significa esercitare un grande sforzo di armonizzazione al fine di valorizzare ogni singola specificità che lo caratterizza, senza, al contempo, perdere
di vista l’unicità e l’unità d’insieme. Con la trasformazione in museo, il Santa Maria della scala è rimasto, comunque, un “corpo vivo” che, grazie alla
volontà di una città, non ha perso la sua vocazione di luogo di accoglienza e cura. Siamo però di fronte a una grande metamorfosi che ancora non è
conclusa, vuoi per i continui interventi di tutela, recupero e restauro degli spazi, vuoi per le continue, seppur diverse, relazioni che tuttora lo
riguardano. È quindi fondamentale non perdere il nord e impostare ricerca, formazione, progetti dinamici che seguano il suo costante cambiamento e la
sua crescita.
In passato, il Santa Maria della scala era famoso anche per le grandi mostre d’arte antica che ospitava regolarmente. Continueremo a vederle? Come
strutturerà il programma espositivo?
Mi piacerebbe lavorare su più livelli: in primo luogo valorizzare il patrimonio e le collezioni, e poi progettare azioni volte a valorizzare le aree
recuperate con la creazione di nuove sezioni e con esposizioni temporanee. Sulle tematiche delle mostre resto aperta a ogni possibilità: archeologia,
fotografia, illustrazione, arte antica, moderna, contemporanea, sperimentazioni con artisti emergenti, contaminazioni.
Il tessuto museale di Siena è molto articolato. Esiste un dialogo tra le diverse realtà?
Sì, ci sono alcune azioni condivise, ma è importante continuare a incrementarle e costruirci sopra. Sarà infatti fondamentale lavorare il più possibile
in sinergia con gli altri luoghi della cultura cittadini e impostare strategie condivise di rete.
Quali le principali priorità per il Santa Maria della scala?
Sto cercando di impostare un piano strategico di mandato (tre anni) per dare una visione a lungo termine di come vorremmo essere e dove vorremmo
arrivare. Di pari passo sarà importante ampliare la squadra, ispessire reti e rapporti di fiducia con gli stakeholders, consolidare il marchio “Santa
Maria della scala”, programmare opportune strategie di “fundraising”, aprirsi verso il mondo. Verso un museo sempre più accessibile, inclusivo e
sensibile, capace di dialogare con tutti.