GENNAIO 2024 ASTE E MERCATO a cura di Daniele Liberanome TOPCOLLECTOR Pochi anni da collezionista, ma vissuti intensamente quelli di Budi Tek (1957-2022), imprenditore indonesiano diventato miliardario come fornitore di fertilizzanti e macchinari per aziende agricole e poi venditore internazionale dei loro prodotti. Quando era sulla cinquantina e ricchissimo, Tek iniziò a collezionare arte cinese contemporanea con opere di Ai Weiwei, Yue Minjun e altri, per poi passare a pezzi pregiati in Occidente come quelli di Kiefer, Giacometti e Cattelan. Nel giro di un decennio aveva comprato mille pezzi, inclusi lavori particolarmente grandi e di difficile conservazione. Aveva così aperto la sua fondazione Yuz e poi costruito l’omonimo museo nel centro culturale di Shanghai su progetto dell’archistar giapponese Fujimoto. Non contento, e anche conscio di essere affetto da una grave forma di cancro, nel 2018 creò una importante collaborazione con il Los Angeles County Museum per promuovere l’arte cinese contemporanea attraverso la sua collezione; rimase anche affascinato dalla scena e dal mercato artistico a stelle e strisce iniziando a comprare a man bassa anche lì. Lo scorso anno si è spento, ma ha lasciato una ricca fondazione a moglie e figli che continueranno a giocare un ruolo da protagonisti in fiere e aste. U-Ram Choe, Custos Cavum (2011), Shanghai, Yuz Museum. TOPLOT Conviene tenere i capolavori lontano dagli sguardi di ammiratori e collezionisti, pare indicarci la storia di mercato di Study for a Head di Francis Bacon (1909-1992). Come altre opere dell’artista, anche questa si ispira al peculiare Ritratto di papa Innocenzo X di Diego Velázquez, conservato nella Galleria Doria Pamphilj di Roma. Quest’ultimo dipinto si basa sulla contraddizione fra la posa imponente del pontefice e il suo sguardo truce, fra apparenza e realtà; Bacon sottolineò ulteriormente quel contrasto, e dipingendo un Innocenzo X urlante, con i tratti somatici enfatizzati dal colore su fondo nero. Un’immagine forte con la quale, forse, l’artista voleva gridare al mondo la difficoltà di vivere apertamente la propria omosessualità. Appena terminato e dopo un breve transito da una galleria londinese, il quadro entrò già nel 1952 in una collezione americana – allora una novità per Bacon – e addirittura quella di Bernard Harper Friedman, critico d’arte, biografo di Jackson Pollock, romanziere. Lui lo donò al fratello Sanford, anche lui scrittore ma impegnato su temi LGBTQ, e lì rimase per un quarto di secolo, cioè fino al 1975. A comprarlo furono allora, attraverso la ben nota Acquavella Galleries di New York, Richard E. Lang e sua moglie, una coppia che si dedicò a creare una collezione strepitosa soprattutto di opere di espressionisti astratti. Personaggi di punta del mondo dell’arte di Seattle e poi anche di New York, i Lang prestarono molto raramente il Bacon, fino alla loro morte. Furono solo gli eredi a portarlo da Sotheby’s di New York e lì venne venduto il 16 maggio 2019 per ben 45,1 milioni di euro, allora record assoluto per le opere dell’artista irlandese con lo stesso soggetto, nonostante fosse più piccolo di altri. L’asta partì da 13,5 milioni di euro e durò a lungo, a dimostrazione dell’ardore dei collezionisti. Certo c’era un trucco: l’opera era sì poco conosciuta, ma molto simile a cinque altre dello stesso ciclo esposte fra la Tate di Londra e al Yale Center for British Art di New Haven. Un’opera quindi “misteriosa”, ma non troppo, uno stato che i collezionisti apprezzano. Francis Bacon, Study for Head (1952).