IL GUSTO DELL'ARTE

Conosci il paese
dove fioriscono i limoni?

ALLA RICERCA DI PREPARAZIONI ALIMENTARI E PRODOTTI CHE TROVANO NELL’ARTE PUNTUALI RIFERIMENTI, AL DI LÀ DI EPOCHE, LUOGHI E TRADIZIONI: IL LIMONE

LUDOVICA SEBREGONDI

Non sono i due limoni su un piatto metallico che riflette la luce ad attirare l’attenzione in questa tela, ma la splendida fanciulla, dai capelli lunghi e rosseggianti sparsi sulle spalle, che guarda in una direzione lontana con aria riflessiva e triste. È riccamente vestita con riferimenti a un abbigliamento orientaleggiante, come suggeriscono il piccolo copricapo, le passamanerie dorate sull’abito, il tessuto ricamato che vela le braccia. Un braccialetto d’argento, che pare alludere a una manetta, il muro dietro di lei, il suo sguardo infelice sembrano motivare il titolo: La prigioniera. La parete dalla cui sommità scendono foglie riconduce infatti a un giardino celato alla vista, uno spazio ben custodito in cui nascono le piante di limone da cui la giovane ha staccato i frutti che sta per porgere a un personaggio, che si immagina importante data la preziosità del vassoio. La foggia delle vesti che contrasta con il volto e la capigliatura tipicamente anglosassoni, i riferimenti alla prigionia, lo sguardo malinconico fanno pensare che l’artista alluda alla tratta delle schiave bianche, soggetto molto di moda nei dipinti dell’epoca, non solo nell’Inghilterra vittoriana ma anche in Francia, tanto più che tra le brune bellezze di un harem una giovane dai capelli rossi e la carnagione chiara sarebbe stata sicuramente molto apprezzata. Sir John Everett Millais (Southampton 1829 - Londra 1896), trattandosi del ritratto di una fanciulla figlia di amici, non ha utilizzato come frequente all’epoca il nudo per richiamare un gineceo, usando invece solo riferimenti delicati e allusivi. Nel 1895, tre anni dopo l’esecuzione, il dipinto è entrato alla Art Gallery NSW (New South Wales) di Sidney, proprio quando il pittore fu nominato baronetto per meriti artistici.


Meno densa di riferimenti storici la tela Peperone e loimone su una tovaglia bianca dipinta nel 1901 da Odilon Redon (Bordeaux 1840 - Parigi 1916), ma straordinario “pezzo di bravura” in cui si distingue appena dal fondo la tovaglia citata nel titolo, che sembrerebbe però più un canovaccio, date le ridotte dimensioni e le quattro sottili strisce decorative rosse. Sopra il tessuto sono appoggiati un peperone di un verde intenso e un limone dalla buccia gialla screziata; su ambedue cade la luce che produce bagliori e crea ombre portate. Non si tratta di forme idealizzate ma di due frutti (per la classificazione botanica anche il peperone lo è), dipinti in modo realistico e mostrati nelle loro imperfezioni. Il quadro era proprietà del collezionista olandese Andries Bonger, amico di Vincent e Theo van Gogh – di cui quest’ultimo sposò la sorella Jo – , oltre che di Émile Bernard e Odilon Redon. Con Redon ebbe una fitta corrispondenza e raccolse numerose sue opere che alla morte di Bonger furono vendute a vari musei olandesi. Il Kunstmuseum Den Haag dell’Aja acquisì questa natura morta e buona parte delle opere grafiche.