IL GIOVANE CAVALCASELLE
«IL PIÙ CURIOSO, IL PIÙ INTREPIDO, IL PIÙ APPASSIONATO DI TUTTI GLI AFFAMATI DI PITTURA»
Giovanni Battista Cavalcaselle (Legnago, Verona 1819 - Roma 1897), è noto specialmente come pioniere della moderna storia dell’arte italiana. All’università si scherzava sul fatto che fosse inutile tentare nuove attribuzioni, tanto «aveva già scoperto tutto Cavalcaselle». In tandem con Joseph Archer Crowe (Plymouth 1824 - Pisa 1896), conosciuto su una diligenza nel suo primo viaggio in Germania del 1847, in cerca di dipinti italiani all’estero. Il veneto avrebbe poi, negli anni, distillato le sue scoperte in una serie di fortunati volumi, come quello sui maestri fiamminghi (The Early Flemish Painters, Londra 1857), in anticipo sulle indagini di Max Friedländer e di Erwin Panofsky; e come poi, soprattutto, gli studi sulla pittura veneta e sul lungo percorso dell’arte italiana dal II secolo al Seicento (A New History of Painting in Italy, Londra 1864-1866). Fra un esame e l’altro, per alleggerire la tensione, da studenti si ciarlava anche sul fatto che fosse altrettanto inutile indagare su Tiziano e Raffaello, cui l’ineffabile connubio Crowe - Cavalcaselle aveva dedicato diversi studi. Scherzavamo, è ovvio, e i continui avanzamenti della storiografia stanno a dimostrare che studiare (e viaggiare, se possibile, studiando sul campo) serve, eccome. Ma che su Cavalcaselle ci sia poi stato molto da indagare in altri sensi lo hanno innanzitutto spiegato, magistralmente, gli studi di Donata Levi, che non a caso firma la prefazione in questo libro importantissimo di Giovanni Mazzaferro. Studioso indipendente, di raffinata erudizione e competenza, l’autore ha vissuto fra i libri del padre coltivando la passione per la letteratura artistica (il suo portale https:// letteraturaartistica.blogspot.com è un piacere, spesso una sorpresa, consultare). Dunque, con una ricerca certosina, pagina per pagina, riga per riga, disegno per disegno, nel “mare magnum” delle trentamila pagine del caotico fondo Cavalcaselle (Venezia, Biblioteca nazionale marciana), Mazzaferro ricostruisce l’avventurosa, “famelica” formazione, ovvero il metodo di ricerca del giovane Cavalcaselle, che fu anche artista, copista, disegnatore e fervente patriota, prima ancora di divenire lo studioso che conosciamo. Per la sua giovanile attività politica, a trent’anni (giugno 1849), dopo la caduta della Repubblica romana alla quale aveva aderito, Cavalcaselle aveva preso la via dell’esilio, periodo che trascorse in gran parte in Inghilterra, non senza tribolazioni. Certo questo evento, di per sé doloroso e traumatico, contribuì a una formazione costituita da peregrinazioni mirate in tutta Europa (ma non oltreoceano), e a una padronanza formidabile della storia dell’arte – quella che in senso lato definiamo “connoisseurship”, con doverosi distinguo, ben precisati anche nella prefazione e nel libro,– e alla “scoperta” di opere d’arte inedite o poco note, sparse nel Vecchio continente. Non fu il solo, in Europa, come spiega Mazzaferro con dovizia di documentazione, giacché diversi conoscitori s’intrecciano nella sua vita: fra questi, l’inglese Charles Lock Eastlake (Plymouth 1793 - Pisa 1865) e i tedeschi Johann David Passavant (Francoforte 1787-1861), Gustav Friedrich Waagen (Amburgo 1794 - Copenaghen 1868), Otto Mündler (Kempten 1811 - Parigi 1870): tutti, si badi, grandi viaggiatori, che non per nulla, a parte Passavant, morirono lontani dalla patria. Il periodo in esame parte dal 1834, quando il giovane si iscrive alla prestigiosa Accademia di belle arti di Venezia, che frequenta a più riprese, fino al luglio 1857, anno del rientro in patria dall’esilio. A leggere il libro viene da concordare con Otto Mündler: Cavalcaselle fu davvero il «più curioso, il più intrepido, il più appassionato di tutti gli affamati di pittura» della sua epoca.