UN TALENTO PRECOCE «Era del suo tempo e il tempo era fatto per lei» John Flaxman Con queste parole Giovanni Gherardo De Rossi introduce la pittrice Angelica Kauffmann in una delle prime biografie a lei dedicate. Angelica nasce a Coira, città svizzera del Canton Grigioni, il 30 ottobre del 1741 dal pittore nativo di Schwarzenberg Giovanni Giuseppe Kauffmann e dalla moglie Cleofe Lucin. Quando la bambina ha appena un anno la famiglia si trasferisce a Morbegno, dove il padre deve realizzare dei ritratti. È proprio lui ad avviare Angelica fin da giovanissima al mestiere di pittrice, «ogni stampa, ogni modello di gesso, ogni dipinto fissava la sua attenzione; e passava essa i giorni nello studio del padre, pascolando la curiosità di tali oggetti con quella allegra soddisfazione, con cui i fanciulli sogliono spendere le ore nei trastulli e nei giuochi» . « È unico esempio nella moderna storia delle Arti Italiane, che una donna abbia contribuito alla restaurazione del buon gusto, e abbia fatto anche essa un qualche argine al cattivo, che largamente si dilatava» (1) . (2) Mentre il padre si occupa dell’educazione artistica di Angelica, la madre si assicura che la giovane riceva anche un’istruzione alle lettere, alle lingue e alla musica. La formazione di Angelica, che procede incessante già a partire dagli otto anni, spinge il pittore a creare dei momenti di pausa e distrazione per la figlia che però preferisce dedicarsi senza sosta alle attività artistiche. La Speranza, (1765), particolare; Roma, Accademia di San Luca. Nel 1752 i Kauffmann giungono a Como, e mentre il padre ritrae alcuni ufficiali e altre persone della città, Angelica realizza un ritratto a pastello del vescovo Agostino Maria Neuroni che ottiene un grande successo. Dell’anno successivo è il primo Autoritratto: a tredici anni si raffigura con uno spartito musicale tra le mani, i capelli sono raccolti e lo sguardo è diretto verso lo spettatore. Con la famiglia, si trasferisce a Milano nel 1754 dove realizza copie e ritratti per ricchi signori della città, tra le opere che copia per commissione ci sono i ritratti imperiali collocati nel Palazzo del governatore, allora Rinaldo d’Este duca di Modena che, venuto a conoscenza del talento della giovane, chiede di conoscerla. Insieme a lui anche la duchessa di Massa Carrara Maria Teresa Cybo-Malaspina, moglie di Ercole III d’Este, rimane ammirata dalla produzione di Angelica e le fa realizzare il suo ritratto. Da questo momento in poi sono in molti a voler essere ritratti dalla pittrice. Ritratto di Winckelmann (1764), particolare; Zurigo, Kunsthaus. Tra i personaggi immortalati dalla giovane artista c’è anche il cardinale Giuseppe Pozzobonelli, già arcivescovo di Milano. Nel 1756, la madre Cleofe muore e il padre decide di tornare con la giovane in patria per realizzare dei dipinti nella chiesa di Schwarzenberg. Angelica ha quindici anni e, pur turbata profondamente dalla scomparsa della madre, ha ormai acquisito tutti gli strumenti necessari per condurre autonomamente la sua vita da persona adulta. Se nell’autoritratto del 1753 è ancora divisa tra la pittura e la musica, dopo questo evento traumatico lascia la seconda per concentrarsi completamente sulla sua carriera da pittrice. Essere una cantante nel Settecento ha ancora troppi possibili risvolti negativi, soprattutto morali, e Giuseppe Kauffmann convince la figlia, già comunque estremamente motivata in questa direzione, a dedicarsi alle arti figurative. La pittrice rappresenterà perfettamente la sua scelta anni dopo, nel dipinto del 1792 Al crocevia tra Pittura e Musica: Angelica è tra le muse delle due arti, la Musica con un abito scollato e uno spartito tra le mani cerca di portarla a sé ma lei si rivolge verso la Pittura che alla sua destra con tavolozza e pennelli le indica la strada da percorrere. A confermarle l’assoluta validità della sua scelta sono anche i continui complimenti alle sue opere e le commissioni che riceve ininterrottamente. Terminati i lavori a Schwarzenberg ai quali prende parte con il padre (mentre Giuseppe dipinge la volta della chiesa, Angelica affresca le pareti con i dodici apostoli basandosi sulle stampe del Piazzetta) i due, grazie alle raccomandazioni del cardinale Pozzobonelli, sono accolti a Morsburg dal cardinale de Roth, principe vescovo di Costanza. Siamo negli anni 1758-1760. Autoritratto dell’artista tredicenne (1753); Innsbruck, Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum. Il cardinale de Roth, oltre a commissionare dei lavori a entrambi, chiede ad Angelica di ritrarlo, «ed essa col solito suo coraggio lo intraprese, e con bravura somma lo condusse a fine [...] già a quell’ora Angelica non cercava ne’ suoi ritratti di colpire soltanto le simiglianze del volto, ma si sforzava di esprimere il carattere, che pareale scoprire nella persona; procurava di scegliere il punto di veduta più favorevole alla fisionomia; si studiava di spiare qualche piacevole attitudine, che fosse familiare all’originale; andava in traccia di un bell’effetto di chiaroscuro; e ovunque poeta senza alterazione della verità, tentava di introdurre eleganza e grazie. Questo suo stile di operar sempre con raziocinio, con riflessione, con ricerca del meglio, la faceva strada a tentar la gran carriera della pittura storica, che era la meta dei suoi desiderj» . (3) Al crocevia tra Pittura e Musica (1792); Nostell (West Yorkshire), Nostell Priory. Da Morsburgo si trasferisce a Montfort, in Germania. «Giunta però al momento di formarsi uno stile nell’arte, aveva essa bisogno di conoscer meglio l’Italia, di cui non aveva veduto che piccolissima parte, e di vedere le diverse scuole dei diversi luoghi, dove fiorirono» . Dal 1758-1759 riprende a viaggiare per l’Italia: si ferma a Milano per poi scendere verso la Toscana, passando prima per Parma ad ammirare le opere di Correggio e poi per Reggio, Modena e Bologna. Qui studia la produzione di Guido Reni e dei Carracci e riceve il titolo di «accademico d’onore» presso l’Accademia clementina nel 1762. Al 9 giugno dello stesso anno risale il suo arrivo a Firenze dove copia i grandi maestri, come Domenichino, Guercino, Raffaello e Rembrandt in uno studio a lei riservato nella collezione dei Medici della Galleria ducale a palazzo Pitti. Il 10 ottobre è nominata membro dell’Accademia del disegno di Firenze. (4) Quando lascia la città toscana decide di regalare all’amico Cosimo Siries l’Autoritratto come pittrice nel costume tradizionale della Bregenzerwald realizzato durante il soggiorno nel paese di origine del padre nel 1757-1758. Nel 1767 Siries espone il dipinto nel chiostro della chiesa fiorentina della Santissima Annunziata e nel 1772 lo vende al granduca, permettendo dunque all’opera di trovare il suo posto nell’Accademia degli autoritratti degli Uffizi e realizzando il desiderio della pittrice di essere inserita nella grande raccolta fiorentina degli autoritratti. Autoritratto come pittrice nel costume tradizionale della Bregenzerwald (1757 circa); Firenze, Uffizi. Autoritratto con il busto di Minerva (1780 circa); Coira (Svizzera), Bündner Kunstmuseum. Autoritratto come musa della pittura (1787); Firenze, Uffizi. Angelica Kauffmann attribuisce fin dai primi periodi di attività grande importanza alla raffigurazione di se stessa nella sua produzione e a distanza di anni dall’inserimento dell’autoritratto giovanile nella collezione degli Uffizi, essendo la sua carriera ormai brillante e il suo stile pittorico estremamente più maturo, decide di non voler essere più rappresentata da quell’immagine di sé. Nel 1788 la pittrice dona alla Galleria degli Uffizi un secondo autoritratto completato nel 1787: è vestita all’antica, in una posa classicheggiante e un atteggiamento più sicuro e consapevole rispetto a quella del precedente dipinto. In una lettera che accompagna l’opera, la pittrice scrive che in confronto all’autoritratto giovanile questo sarà «meno indegno della compagnia di tanti valenti Pittori e meno indegno di me» . (5) Il quadro viene accettato con piacere dal direttore della Galleria degli Uffizi, Bencivenni Pelli, che oltre a rispondere alla sua lettera con parole elogiative, le invia la medaglia d’oro con l’effigie del granduca Leopoldo. Riferimenti alla sua professione sono la cartella degli schizzi e lo stilo che tiene in mano, sulla sua cintura è effigiata Minerva, protettrice della pittura. Gli stessi attributi artistici compaiono anche nell’Autoritratto di poco successivo (1780 circa), oggi a Coira in Svizzera; qui Minerva è raffigurata attraverso un busto antico posto accanto alla pittrice. David Garrick (1764); Stamford (Lincolnshire), Burghley House. A Firenze Angelica entra in contatto con molti visitatori del Grand Tour dei quali realizza i ritratti, stringe amicizia con il pittore americano Benjamin West, futuro direttore della Royal Academy di Londra, e realizza le sue prime acqueforti. Nel gennaio del 1763 giunge a Roma, città che stimola in lei un’attrazione per i dipinti di grande formato in stile classico. Il suo studio si rivolge alle opere di Raffaello e Michelangelo e diviene ben presto amica dello storico dell’arte e archeologo tedesco Johann Joachim Winckelmann. Il 6 luglio arriva a Napoli dove è invitata per copiare le opere del museo di Capodimonte. La città campana accoglie molti visitatori inglesi e scozzesi che le commissionano dei ritratti. David Garrick, l’attore shakespeariano più famoso di tutta l’Inghilterra, nei primi mesi nel 1764 è a Napoli e posa per Angelica in un dipinto che il pittore, collezionista e scrittore d’arte Johann Caspar Füssli descrive così in una lettera datata 8 marzo 1764: «Non rammento di aver mai visto un ritratto per mano di Angelica più bello di quello raffigurante Garrick, l’attore (che ora si trova a Napoli)» . (6) Secondo la storica dell’arte Angelika Rosenthal il ritratto fa apparire David Garrick come se stesse recitando la parte del modello in posa per un artista: seduto su una sedia, mani appoggiate sullo schienale e sguardo intenso e coinvolgente. Kauffman sceglie di modellare la figura attraverso un forte chiaroscuro, alludendo probabilmente a una concezione dell’arte all’inglese. Questo dipinto viene esposto nel 1765 da Angelica presso la Free Society di Londra, ancora prima di intraprendere il suo viaggio in Inghilterra. Bacco e Arianna (1764); Bregenz (Austria), ufficio del Landeshauptstadt. La crescente fama della pittrice la porta di nuovo a Roma nell’aprile del 1764, anno che vede contemporaneamente la pubblicazione della prima storia dell’arte a opera del suo amico Winckelmann (Storia dell’arte nell’antichità) e la sua prima importante commissione per due dipinti con antichi soggetti greci e romani. L’inglese John Byng le chiede infatti di realizzare Criseide riunita con suo padre Crise e Coriolano, Veturia e Volumnia, entrambe opere che riscuotono grande interesse della critica. Sempre in questo periodo la pittrice inizia a interessarsi alla rappresentazione di eroine abbandonate dagli amanti, partiti per terre lontane, come Arianna nel dipinto Bacco e Arianna (1764) e Penelope al telaio (1764), prima documentata scena con una singola figura, firmata e datata «Angelica Kauffmann/...Roma 1764». Del 1764 è anche il Ritratto di Winckelmann probabilmente immortalato mentre scrive il già citato volume sulla storia dell’arte antica. L’opera, commissionata da Füssli e acquistata nel 1850 dal Kunsthaus di Zurigo, è subito accolta positivamente da Winckelmann che in una lettera del 16 luglio 1764 scrive: «Il mio bel ritratto eseguito da Mademoiselle Kauffmann» . (7) Il 5 maggio del 1765 Angelica diventa membro dell’Accademia di San Luca a Roma e come ogni nuovo ammesso deve presentare un quadro per il suo ingresso. La pittrice sceglie il dipinto La Speranza (1765) raffigurante una fanciulla vestita all’antica con in testa un turbante e il viso adagiato sulle mani a loro volta appoggiate su un’ancora, strumento che simboleggia la speranza cristiana. Molte negli anni sono state le interpretazioni di quest’opera: le fonti iconografiche del soggetto, la Speranza con l’ancora, vengono rintracciate sia nell’Iconologia di Cesare Ripa (1593) che nella Lettera di san Paolo apostolo agli ebrei, nella quale la speranza è paragonata a un’ancora sicura e salda per la nostra vita. Penelope al telaio (1764); Hove (East Sussex), Brighton & Hove Museums. Ritratto di Winckelmann (1764); Zurigo, Kunsthaus. La Speranza (1765); Roma, Accademia di San Luca. Rosenthal sottolinea le affinità della Speranza dipinta da Angelica con la Madonna della seggiola di Raffaello che Kauffmann copia a Firenze. Raffaello è il fondatore spirituale dell’Accademia di San Luca e il vero fondatore Federico Zuccari vuole in effetti promuovere e scoprire l’arte del maestro. Imitando Raffaello, Angelica cercherebbe dunque di iscrivere se stessa nell’eredità accademica. A luglio la pittrice è di nuovo a Bologna, e sul finire di ottobre a Venezia dove lo sfarzo della città e delle opere di Tiziano, Veronese e Tintoretto la sorprende. In questo periodo la fama di Angelica in Italia è affermata ma a comprare le sue opere sono principalmente visitatori stranieri, soprattutto inglesi. Un viaggio a Londra sembra quindi imprescindibile per l’avanzamento della sua carriera e l’occasione perfetta per realizzarlo arriva quando Lady Bridget Wentworth Murray, moglie dell’ambasciatore inglese John Murray, che doveva rientrare in patria dopo un soggiorno a Venezia, le chiede di accompagnarla. E così, con l’approvazione del padre che promette di raggiungerla a breve, Angelica parte per Londra. I vantaggi che le derivano da questa nuova avventura si manifestano già durante il viaggio di andata quando, in una sosta a Parigi, ha l’opportunità di visitare preziose raccolte di dipinti: il ciclo di Rubens presso la Galleria del Palais du Luxembourg a Parigi la colpisce particolarmente. L’incontro con Rubens è per Angelica propedeutico alle esperienze inglesi, soprattutto alla comprensione della pittura di Joshua Reynolds. Raffaello, Madonna della seggiola (1513-1514); Firenze, palazzo Pitti, Galleria palatina. G. G. De Rossi, Vita di Angelica Kauffmann pittrice, Londra 1970, p. 2. L’edizione originale è pubblicata a Firenze da Molini, Landini nel 1810. La seconda edizione è del 1811. Ivi, p. 4. Ivi, pp. 13-14. Ivi, p. 15. Arte e manifattura di corte a Firenze dal tramonto dei Medici all’Impero (1732-1815), catalogo della mostra (Firenze, palazzo Pitti, Palazzina della meridiana, 16 maggio - 5 novembre 2006), a cura di A. Giusti, Livorno 2006, p. 159, n. 82. Angelica Kauffmann e Roma, catalogo della mostra (Roma, Accademia nazionale di San Luca, Istituto nazionale per la grafica, 11 settembre - 7 novembre 1998), a cura di O. Sander, Roma 1998, p. 12. Ivi, p. XXII. (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7)