Nel 1919 aprì le porte al pubblico il Musée Rodin, dedicato all’opera dello scultore francese Auguste Rodin, situato nell’Hôtel Biron a Parigi. Nel 1916, tre donazioni fatte dall’artista e accettate dalla Camera dei deputati il 25 dicembre dello stesso anno fecero del museo il suo erede; il lascito comprendeva il suo atelier, le sue collezioni, i suoi archivi e i beni della sua casa di Meudon. Una raccolta di incomparabile ricchezza, fonte di studio e approfondimento. Il patrimonio dell’atelier ha, infatti, portato alla riscoperta di sculture e disegni che Rodin non aveva mai esposto o di cui si era parlato poco mentre l’artista era in vita. Tra questi lavori si trovano alcuni “assemblaggi”(1) costituiti da figurine in gesso o terracotta unite a vecchie ceramiche, spesso antiche, che egli collezionava. Nel “segreto” del suo laboratorio(2), l’artista non conservava unicamente composizioni “leggere” ma anche alcune creazioni “complesse” su cui desiderava proseguire la sua riflessione, mai uscite dall’atelier prima della sua morte. È il caso della serie Movimenti di danza. Per le opere di questo ciclo, sappiamo che la modella raffigurata in varie posizioni è stata la ballerina-acrobata Alda Moreno. I suoi lineamenti sono volutamente cancellati per spostare l’attenzione sul dinamismo del corpo in movimento.
La resa della silhouette ha la precedenza sui dettagli anatomici; un aspetto che ritroviamo nei disegni dello scultore. L’unica testimonianza dei Movimenti di danza risalente a quando l’artista era ancora in vita si trova nel diario del conte Harry Kessler (1868-1963), collezionista e critico d’arte vicino a Rodin, che li cita in due occasioni, il 27 maggio e il 1° luglio 1911. In entrambe le annotazioni, il nobile rivela la forte impressione provata di fronte alle immagini danzanti, plasmate da un autore pienamente padrone delle sue capacità, giunto al crepuscolo della sua esistenza. Lo scultore morirà sei anni dopo, il 17 novembre 1917.
Com’era sua abitudine, Rodin lavorava “a tappe”: gli occorrevano diverse versioni della stessa opera per ottenere quella o quelle che considerava finite. La serie dei Movimenti di danza, come l’aveva vista il conte Kessler nel 1911, era così un lavoro in corso.