LA CALUNNIA
POLITICA, VIZI E VIRTÙ CIVILI A FIRENZE NEL RINASCIMENTO
Un volume intero sul dipinto più ermetico di Botticelli, la Calunnia degli Uffizi, non è impresa da poco. Ci sono riuscite Monica Centanni, studiosa di letteratura greca, e Sara Agnoletto, storica dell’arte. L’indagine interdisciplinare conferma, con meditate considerazioni e riferimenti letterari (Dante e Luciano in primis), una datazione dell’opera successiva al 1496, finora ritenuta probabile senza prove certe, e soprattutto svela il programma iconografico di Botticelli in una composizione densa di figure e finti bassorilievi a grisaglia dorata. Si scopre così che la loggia, scenario splendido del dipinto, deriva dal De domo, trattato che nell’“editio princeps” (1496) degli scritti di Luciano di Samosata segue non a caso quello sulla Calunnia, da sempre considerato fonte principale del dipinto. «Non bisogna credere facilmente alla Calunnia», azzardava il sofista greco nel manierato esercizio letterario della “ékphrasis” (dotta descrizione analitica) di un dipinto di Apollo, forse mai esistito. Botticelli lo rielabora in un messaggio politico, destinato forse a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici. Da leggere con attenzione e ammirazione.