Camera con vista

MADE IN JAPAN
(RITORNO A TOKYO)

Luca Antoccia

Una vita salvata dal rock and roll, questo ha dichiarato a più riprese, di se stesso da giovane, Wim Wenders nella Germania dei lontani anni Sessanta. E ciò vale anche oggi per la vita del protagonista del suo ultimo film, Perfect Days. Stiamo parlando di Hirayama, non più giovane, impegnato a pulire i bagni pubblici di Tokyo, a mangiare e dormire da solo, ad ascoltare però bellissima musica, soprattutto rock e blues.

Ma la vita la possono salvare tante altre cose, la cura per i dettagli, la lentezza, la pulizia formale, il giusto apprezzamento del silenzio e del vuoto, una passione mai spenta per il Giappone, in cui pare si condensino tutti i precedenti aspetti. In questo senso Perfect Days compendia tutta l’opera filmica di Wenders, il più “giapponese” dei registi europei.

Il film chiude intanto un’ideale trilogia del Giappone, iniziata con Tokio-Ga (1985), dedicata alla vita e all’opera di Yasujiro Ozu (Hirayama, interpretato dall’ottimo Yakusho Kôji, è infatti anche il nome del protagonista dell’ultima opera del grande regista giapponese, Ozu appunto, Il gusto del sakè), e proseguita con Appunti di viaggio su moda e città (1989). Non va neanche dimenticato che una delle opere più importanti di Wenders, Fino alla fine del mondo (1991), fu girato in elettronica proprio a Tokyo, grazie agli allora avveniristici studi della NHK, la televisione giapponese.
In Perfect Days c’è poi di nuovo fortissima l’attenzione fenomenologica: ogni dettaglio, cioè, acquista valore per se stesso e non perché legato a un qualche significato simbolico o psicologico, come nei film della cosiddetta trilogia del viaggio. C’è, inoltre, l’ossessione per la fotografia – come in Alice nelle città, che della trilogia del viaggio è l’opera più celebre – e la raffinatezza della composizione e del colore iperrealista, come la stanza del protagonista nei toni del viola, del verde, del rosa, che ricorda da vicino il Wenders fotografo del libro Written in the West.

Il protagonista di Perfect Days porta con sé il fascino dell’outsider, come quello di Paris Texas. E c’è perfino, come ha ricordato lo stesso regista, il fascino dell’architettura (in questo caso i bagni pubblici della capitale giapponese), tipico motivo di ispirazione e di interesse di molto cinema di Wim Wenders, da una sponda all’altra dell’oceano, dall’Atlantico al Pacifico.


Un frame da Perfect Days (2023), di Wim Wenders.