LA SCULTURA
DA VIAGGIO

L’approccio di Munari nei confronti della scultura, basata sulla creazione di volumi nello spazio, a partire da superfici piane, è strettamente legato ad alcune opere che hanno anticipato l’idea innovativa di una scultura portatile, mobile e connessa con il retroterra culturale ed estetico di colui che la possiede.

L’utilizzo del termine «Scultura da viaggio », già impiegato nel 1918 da Marcel Duchamp per una sua scultura aerea composta da strisce di gomma di vari colori – e da lui definita «una sorta di ragnatela» – va inteso come un omaggio nei confronti di un artista verso il quale Munari nutriva forte ammirazione. I due artisti, come ci ricorda il critico Gillo Dorfles, sono per molti versi comparabili, in particolare per la loro influenza «rintracciabile in alcune forme dell’arte di oggi che non sono legate alla pittura e alla scultura tradizionali ma, semmai, all’installazione e all’uso dell’oggetto ». Entrambi sono presenti in importanti mostre collettive di rilievo internazionale nel periodo 1956-1968. Osservando però attentamente le creazioni di Munari, si può notare che esse si differenziano per la loro caratteristica fortemente estetizzante, fondamento di ogni sua operazione artistica.

Munari ha spesso utilizzato un approccio sperimentale basato su un metodo che in prima istanza pone lo studio dei materiali e delle loro possibilità comunicative, osservandone i limiti e i punti di forza, senza preoccuparsi di alcuna finalità “a priori”. Spesso un’idea prototipale resta a decantare per anni nello studio fino a che, opportunamente modificata, acquisisce una sua “maturità” teorica e in quanto tale pronta a essere proposta al pubblico.

Per questo una scultura del 1936 riveste una certa importanza nel processo di definizione della «Scultura da viaggio», anche se una messa a punto definitiva di questa idea di scultura planare si concretizzerà solo nel 1958 con la presentazione al pubblico di queste nuove creazioni.

Per dare forma alla scultura del 1936 Munari parte da una figura piana ed elementare come quella di un triangolo isoscele. Utilizzando un foglio di metallo l’artista pratica un piccolo taglio e, attraverso cinque piegature, crea una figura tridimensionale a sei facce che ricorda vagamente alcune composizioni, non figurative, ottenibili con il “tangram”.

Il risultato ottenuto da queste semplici operazioni è una scultura di impianto astratto-concreto dalla forma complessa che osservata a trecentosessanta gradi, attraverso piccoli spostamenti rotatori, mostra forme sempre mutevoli ottenute per contrasto tra pieno e vuoto e tra volumi sporgenti e rientranti.


Scultura (1936).