Quel che è certo è che, non appena le Xerox 914 sono approdate negli uffici dei primi anni Sessanta, molti, non necessariamente artisti, hanno iniziato a giocare con questa nuova tecnologia. Queste macchine sono state sviluppate da Chester Carlson e John Dessauer come copiatrici meccaniche, ma non venivano usate solo a quello scopo. I creatori di contenuti le avevano accolte come generatori di testo e di immagini. Per alcuni, come per esempio Marshall McLuhan, le fotocopiatrici erano foriere di un futuro “open-source”, i cui protagonisti sarebbero stati i cittadinieditori. Per altri, come gli artisti che hanno contribuito alla mostra statunitense del 1979 alla Eastman House – uno dei musei di fotografia più vecchi al mondo – intitolata Electroworks, le fotocopiatrici erano pennelli e tavolozze elettrostatiche: strumenti utili a rendere più democratica la pratica artistica e a smantellare l’edificio di un’arte elitaria. Tra questi c’era anche Bruno Munari.
