Grandi mostre. 6
LOTTO E I MAESTRI BRESCIANI DEL PRIMO CINQUECENTO A BRESCIA

una trama
di contatti virtuosi

CI SONO ANALOGIE TRA LORENZO LOTTO E I BRESCIANI SAVOLDO, ROMANINO E MORETTO? ED È VEROSIMILE IPOTIZZARE CHE TRA L’UNO E GLI ALTRI CI SIANO STATE OCCASIONI DI INCONTRO? POCHE SONO LE FONTI STORICHE CHE CI PERMETTONO DI DARE RISPOSTE CERTE (SE NON IN ALCUNI CASI) A QUEST’ULTIMA DOMANDA MA, COME CI RACCONTA QUI IL CO-CURATORE DEL PERCORSO ESPOSITIVO ALLA PINACOTECA TOSIO MARTINENGO, NON SI PUÒ PRESCINDERE DA ESPLICITE AFFINITÀ PITTORICHE, GIÀ DELINEATE DA ROBERTO LONGHI.

Nicola Turati

Venezia, Bergamo e Brescia: sono questi i centri entro i quali si sviluppò l’incontro tra Lorenzo Lotto e i maestri bresciani del primo Cinquecento, Savoldo, Romanino e Moretto. Tra loro si instaurò un fitto interscambio di dare e ricevere che, all’insegna di un rinnovato approccio naturalistico – tipicamente lombardo – e di un imprescindibile confronto con Tiziano, diede vita a una temperie artistica originale e indipendente, propria dei territori della terraferma veneta. Le occasioni d’incontro dovettero essere molte, benché scarsamente documentate. L’unico appiglio archivistico, infatti, consiste nella lettera che Lotto indirizzò da Venezia al più giovane Moretto, coinvolgendolo nel cantiere di Santa Maria Maggiore a Bergamo per il quale stava realizzando i disegni preparatori per le tarsie del coro. Dalla missiva, datata 8 dicembre 1528, emerge un rapporto confidenziale, di amicizia fraterna e sincera stima, sebbene nulla sia noto in merito alle occasioni che, tra Lombardia e Veneto, dovevano aver nutrito la relazione tra i due pittori. Del resto, dal raffronto della loro produzione emergono non poche riprese reciproche, che certificano la costante attenzione dell’uno per l’altro, sulla scorta, probabilmente, di pensieri e idee condivise.

È certamente a Venezia, invece, che maturò il confronto tra Lotto e Savoldo, a partire, soprattutto, dal rientro del primo in Laguna nel 1525. Il loro incontro è confermato non solo da evidenti riscontri formali – segnati da una ricerca che, tra fascinazioni nordiche e sperimentazioni luministiche, proponeva una pittura alternativa rispetto a quella tonale di Tiziano – ma anche dal fatto che i due pittori dovettero condividere alcuni patroni, come il mercante e collezionista Andrea Odoni. Quest’ultimo, effigiato da Lotto in un indimenticabile ritratto del 1527 (The Royal Collection Trust, Hampton Court), possedeva nelle sue collezioni due dipinti di Savoldo, oggi perduti. L’appartenenza allo stesso “milieu” culturale è ulteriormente accreditata da un’altra conoscenza comune: Pietro di Gian Ruggero Contarini. Uomo politico, poeta e intellettuale “tout court” della Venezia del tempo, Contarini fu committente di Savoldo, del quale possedeva quattro tele dedicate al Riposo durante la fuga in Egitto. Ma fu anche ispiratore di almeno un’iconografia lottesca, quella dell’Adorazione dei pastori della Pinacoteca Tosio Martinengo. Qui la scelta di ritrarre i due committenti sotto le mentite spoglie dei pastori sembra infatti riferirsi al Christilogos peregrinorum, poema in volgare scritto proprio dal nobile veneziano, in cui i quattro pastori protagonisti del racconto, testimoni delle vicende dell’infanzia di Cristo, si rivelano essere, alla fine della narrazione, dei nobiluomini contemporanei.


Lorenzo Lotto, Natività (1525), Siena, Pinacoteca nazionale.


LA LUCE, STUDIATA DAL VERO, ASSUME UN RUOLO PRIMARIO; IL COLORE «ATTENDE L’INVESTITURA VOLTA PER VOLTA DEL LUME»