Grandi mostre. 1 
60. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE
DELLA BIENNALE DI VENEZIA

stranieri
ovunque

Il tema della Biennale Arte 2024, scelto dal curatore Adriano Pedrosa, ci pone davanti all’attualità magmatica, a volte tragica e conflittuale, del mondo in cui viviamo.

ILARIA FERRARIS

Come fa notare Adriano Pedrosa, direttore del MASP di San Paolo del Brasile e curatore della 60. Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia, aperta al pubblico dal 20 aprile al 4 novembre, il titolo dell’edizione di quest’anno, Stranieri ovunque - Foreigners Everywhere, può avere diversi livelli di significato: siamo tutti stranieri, a prescindere da dove ci troviamo, e gli stranieri sono dappertutto. Una constatazione della nostra comune natura esistenziale, precaria e impermanente, che quindi ci affratella in un mondo di cui attraversiamo il tempo e lo spazio ma che non ci appartiene e a cui non apparteniamo, oppure un grido d’allarme (basta aggiungere un punto esclamativo) che divide e condanna «per differenze e disparità condizionate da identità, cittadinanza, razza, genere, sessualità, libertà, ricchezza». Intorno a questo titolo che è anche un’affermazione, tratta da una serie di sculture al neon in vari colori e in varie lingue, realizzate a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine riprendendo il nome di un collettivo torinese antirazzista dei primi anni Duemila, si sviluppa la riflessione della mostra internazionale del curatore, che si confronta in modo diretto con l’attualità e raccoglie le testimonianze e le prese di posizione del panorama artistico globale.

Anche quest’anno le opere scelte dal curatore – brasiliano (a p. 21 l’intervista a cura di Ludovico Pratesi), il primo sudamericano nella storia della Biennale Arte – sono esposte principalmente nel padiglione centrale ai Giardini e negli spazi dell’Arsenale, con un nuovo spazio alle Gaggiandre, privilegiando artisti «essi stessi stranieri, immigrati, espatriati, diasporici, “émigrés”, esiliati e rifugiati, in particolare coloro che si sono spostati tra il Sud e il Nord del mondo», che non hanno mai partecipato alle precedenti edizioni e con una particolare attenzione ai progetti all’aperto.

La stessa parola “straniero” (“estrangeiro” in portoghese, “étranger” in francese, “extranjero” in spagnolo, “stranger” in inglese) deriva dal latino “extraneus”, “estraneo, esterno”, proprio come la parola “strano”. I due i nuclei portanti della mostra internazionale – storico e contemporaneo – affrontano le varie accezioni in cui si manifesta il significato della parola “straniero” e la produzione artistica “strana”, “esterna”, lontana, ai margini: queer, folk o autodidatta, outsider, indigena, quest’ultima spesso emarginata anche nella propria terra d’origine, caratterizzata a volte – è uno dei letimotiv della mostra – da pratiche familiari che si tramandano di generazione in generazione. Per il nucleo contemporaneo, accolgono i visitatori un murale del collettivo brasiliano Mahku sulla facciata del padiglione centrale; nella prima sala delle Corderie una grande installazione del collettivo neozelandese Maataho. Una sezione speciale è dedicata a Disobedience Archive, un archivio video incentrato sulle relazioni tra pratiche artistiche e attivismo sviluppato da Marco Scotini, suddivisa in due parti, “Attivismo della diaspora” e “Disobbedienza di genere”, con opere di trentanove artisti e collettivi tra il 1975 e il 2023.


di Claire Fontaine: Foreigners Everywhere – Spanish (2007), nell’allestimento della mostra The Traveling Show (Città del Messico, Fundación Jumex Arte Contemporáneo, 2010), a cura di Adriano Pedrosa;