Grandi mostre. 4
L’IMPRESSIONISMO A PARIGI

L’ALBA OSTEGGIATA
DI UN NUOVO GIORNO

AL MUSÉE D’ORSAY UN FOCUS ESPOSITIVO SULLA PRIMAVERA DEL 1874 QUANDO A PARIGI SI INAUGURAVA LA PRIMA MOSTRA DEGLI IMPRESSIONISTI

Valeria Caldelli

Il porto di Le Havre è avvolto nella nebbia mattutina e il disco rosso del sole si fa strada nel cielo mostrando la silhouette delle gru e delle ciminiere mentre tre piccole imbarcazioni a remi navigano nelle acque placide. Monet dipinse questa atmosfera brumosa dalla finestra della sua stanza all’hotel dell’Amirauté, lungo il Grand Quai. Era il 1872. Neanche due anni dopo, il 17 aprile 1874, il quadro sarà esposto per la prima volta alla mostra allestita nell’atelier parigino del fotografo Nadar, sul boulevard des Capucines, con il titolo Impression, soleil levant (Impressione, levar del sole) e darà il nome a una delle correnti artistiche più famose, quella degli impressionisti. Per la verità non furono gli artisti a coniare questo nome, bensì un giornale illustrato di stampo satirico “Le Charivari”, che in un articolo firmato Louis Leroy si prendeva gioco del quadro di Monet e di altri dipinti esposti, qualificandoli come semplici impressioni e non opere d’arte. Forse mai tanto scherno ha portato così fortuna alle vittime pubblicamente denigrate e oggi, a distanza di centocinquant’anni da quella prima esposizione impressionista, il Musée d’Orsay dedica al movimento una grande mostra sottolineando la ricchezza ma anche le contraddizioni di un’iniziativa che ha fatto storia. Cosa successe dunque in quella primavera del 1874? Successe che un gruppo di “ribelli” (il gruppo di Batignolles), da poco riuniti nella Società anonima cooperativa degli artisti pittori, scultori e stampatori, decise di liberarsi dal giogo del Salon ufficiale e di organizzare, a proprio rischio e pericolo, quella mostra che poi è diventata leggendaria. Tra gli intraprendenti troviamo Monet, Sisley e Pissarro, a cui si unirono Cézanne e Guillaumin, ma nell’esposizione appaiono anche le firme di Auguste de Molins, Stanislas Lépine, Jean Desbrosses e molti altri che sul piano stilistico ed estetico niente avevano a che fare con i futuri impressionisti.

Nessuna omogeneità, dunque, tra i partecipanti. Il fatto è che non si voleva ottenere il riconoscimento ufficiale di un nuovo stile quanto appunto liberarsi dalla giuria del Salon, che premiava o “puniva” gli artisti con ammissioni e rifiuti sulla base di regole antiquate e di amicizie. Il problema, più che di stile, era dunque economico perché chi poteva esporre al Salon aveva la carriera assicurata e la possibilità di vendere a prezzi alti, mentre le opere escluse diventavano invendibili. Il risultato della ribellione, però, non fu quello sperato perché l’esposizione in boulevard des Capucines non fu davvero un successo: tremilacinquecento visitatori e quattro opere vendute contro una folla di trecentomila persone al Salon con centosessanta opere acquistate. Una “débâcle” anche economica per le tasche degli stessi artisti organizzatori. Tuttavia, non tutto il male vien per nuocere e la mostra dei dissidenti aveva finito col fissare davanti al pubblico qualche differenza tra i suoi partecipanti. Dei trentun artisti che esponevano in tutto circa duecento opere, c’era un drappello di giovani dalla pennellata fluente e tremula che si dedicava soprattutto ai paesaggi e che suscitò quel nome derisorio di “impressionisti”, divenuto poi una bandiera in tutto il mondo.

L’esposizione del Musée d’Orsay mette oggi a confronto per la prima volta le opere del Salon ufficiale con quelle esposte nell’atelier del fotografo Nadar, scoprendo che le differenze riscontrabili non erano poi così nette come siamo abituati a pensare. Alcune tematiche considerate appannaggio degli impressionisti, tra cui la vita moderna e il paesaggio, in realtà si trovano anche nelle sale del Louvre, e, viceversa, alcune opere ospitate in boulevard des Capucines presentano soggetti e tecniche che ben potevano assimilarsi alle regole della contestata giuria. Scrivono le curatrici nel catalogo: «Presentato al Salone del 1874 La ferrovia di Manet, una scena di vita moderna vicino alla stazione Saint-Lazare, con i suoi tocchi rapidi e la tavolozza luminosa del plein air, sia per il soggetto che per l’esecuzione si sarebbe più facilmente fusa nell’esposizione degli impressionisti, vicino al Boulevard des Capucines di Monet».

Visto lo scacco finanziario della prima esposizione, comunque, la Società anonima degli artisti (sopra citata) che aveva riunito personalità tanto disomogenee non organizzerà mai una seconda mostra e si dissolverà il 28 aprile del 1875. La «banda Monet» (così verrà anche chiamato il gruppo di Batignolles) però proseguirà con sette esposizioni impressioniste (questa volta di stile uniforme), fino al 1886. Ma solo Pissarro sarà presente a ogni edizione, Cézanne aderirà soltanto due volte e Monet esporrà anche al Salon. Nel turbolento gruppo, infatti, già si respirava aria di rottura, rottura che avverrà, infatti, dopo l’esposizione del 1886. Avviandosi verso la fine del secolo, il movimento impressionista stava a poco a poco abbandonando la forza di rottura iniziale per lasciare il posto ad altre avanguardie che nascevano dalle sue ceneri. Ma questa è un’altra storia.


Claude Monet, Impressione, levar del sole (1872), Parigi, Musée Marmottan Monet.