La pagina nera

UNA VILLA E LE RELIQUIE
DALLE SORTI ASSAI INIQUE

FABIO ISMAN

In abbandono da sessant’anni, la villa secentesca a Campocroce (Mogliano Veneto, Treviso), di proprietà, tra gli altri, anche della famiglia Rigamonti, sembra destinata, almeno fino a oggi, a non trovare un “tutore”. Una sorte migliore è invece toccata, se pur dopo molto tempo, ai resti di Santa Pulcheria, conservati dall’Ottocento nella stessa residenza nobiliare e trasferiti dal 2021 nella chiesa del luogo. Un ottimo risultato, ma non basta.

Santa Pulcheria (399-453) è stata, a Costantinopoli, un’imperatrice bizantina; era sorella maggiore di Teodosio II, e assume la reggenza per lui. Aveva sposato Marciano, ma le nozze rispettavano il suo voto di castità. È stata importante pure per la storia della Chiesa: ha organizzato il concilio di Calcedonia, e fondato numerose chiese. Viene sepolta in quella dei Santi Apostoli di Costantinopoli, accanto al marito, in un’urna di porfido egiziano. Ma non si sa come, le spoglie finiscono a Roma, nelle catacombe di Priscilla: sottratte forse dai crociati, nel 1204. Le reliquie si sono sparse in vari luoghi, e in vari modi, e non deve sorprendere: specialmente nel Medioevo, ve n’è stata una nutrita dispersione, vere o fasulle che fossero.

Guido Barbujani( *) ricorda, per esempio, che, già a quei tempi, diciotto città europee si contendevano il prepuzio di Gesù, frutto della circoncisione. Comunque, prelevato dalla catacomba romana, il corpo di Pulcheria viene ceduto dal cardinale Gaspare Carpegna ai Donà delle Rose nel 1672.

Proprio in quell’anno, Clemente X Altieri, per combattere le sempre più frequenti sottrazioni di reliquie dai cimiteri dell’Urbe, stabilisce che nessuno vi sarebbe potuto entrare, se non autorizzato dal porporato, che era vicario di Roma. E Carpegna, per dirne una, è noto perché ha ritrovato nel cimitero romano di Callisto il corpo di sant’Ilario, donato nel 1675 alla chiesa di Santa Maria in Cosmedin a Roma.

Comunque, la salma di santa Pulcheria la ritroviamo, dopo il 1799, in una villa secentesca, di cui bisogna parlare. Sorge nel Veneto, a Campocroce, una frazione di Mogliano Veneto, provincia di Treviso. È in stile veneziano: tre piani e un timpano, scala a doppia rampa, un bel giardino, due ampie “barchesse”, e attorno vasti fondi agricoli che non fanno più parte, dagli anni Sessanta, del complesso.

È vincolata dal 1964. Tramanda il nome di chi l’ha posseduta: nel Settecento i Peruzzi, famiglia con un vescovo; poi è dei Coletti; e dal 1920 dei Rigamonti, che la cedono ai Cortellazzo.

Da questi, nel 1964, passa agli Istituti riuniti di ricovero di Treviso. E va assolutamente in rovina, viene abbandonata. Tanto poco sicura, e preda di svariati atti vandalici, che, nel 2021, quanto resta della povera Pulcheria è trasportato nella chiesa del luogo, dove la santa riposa finalmente in una non meno santa pace. La salma giaceva sotto l’unico altare di un oratorio dedicato alla Natività di Maria che, scrive un’epigrafe, risalirebbe al 1758, annesso alla costruzione e più avanzato rispetto a essa. L’autore della villa e il committente sono purtroppo ignoti.


Villa Rigamonti (Campocroce, Mogliano Veneto, Treviso), risalente al XVII secolo.
Un interno con le pareti rovinate e gli arredi distrutti.