IL PROBLEMA
DELLA PROSPETTIVA

Percezione e fruizione

Rembrandt collezionava miniature indiane nel XVII secolo, mostrando di apprezzare il loro valore estetico e le “mode” dell’epoca; e Willem Schellinks (1627?1678) dipingeva (ma a olio e su tavola) personaggi moghul che sono splendidi ritratti di maniera, inseriti in una composizione d’argomento magico, nella quale ricorrono soluzioni figurative capricciose, che ricalcano soluzioni analoghe frequenti nelle miniature persiane e in quelle moghul. Inversamente, i missionari e i viaggiatori europei restavano colpiti dall’effetto che i libri illustrati, le stampe e le copie di opere pittoriche occidentali, che essi stessi portavano in India, suscitavano alla Percezione e fruizione IL PROBLEMA DELLA PROSPETTIVA corte dei moghul e in quelle dei raˉjaˉ o dei principi. Era un’ammirazione incondizionata e ingenua che, di riflesso, suggeriva ai grandi artisti delle corti e delle accademie indiane l’idea della copia, dell’esperimento, della imitazione. E le miniature di soggetto cristiano, come gli enormi dipinti murali del palazzo di Jahangir ad Agra, erano per lo più alla maniera d’Occidente. Così si copiavano le Madonne di Dürer quando il pittore Abu’l Hasan ne aveva già copiato il San Giovanni della croce. Come conseguenza, la prospettiva occidentale filtrava in altre composizioni di diverso soggetto e nettamente indiane. Ma la meraviglia non dura. Gli schemi tradizionali per la creazione dello spazio illusivo riprendono il sopravvento, così come il modo di dipingere a olio cede subito il passo alla più tradizionale pittura a tempera, rimanendo una curiosità d’irrilevante interesse. Lo stesso accade in Cina ove, insieme col pensiero matematico dell’Occidente, si introduce la prospettiva scientifica e la si chiarisce con la traduzione di passi tecnici italiani. Ma quando Lang Shihning, ossia il gesuita milanese Giuseppe Castiglione (16881766), considerato ancor oggi il più grande ritrattista cinese, riceve l’ordine imperiale di costruire un “padiglione” in stile occidentale, nessuna delle maestranze cinesi poste ai suoi ordini è in grado di “vedere” le assonometrie che il Castiglione, con i suoi confratelli, aveva disegnato. La prospettiva, anche in Cina, è e rimane quella tradizionale: impressiva, ma non illusiva. Del resto padre Matteo Ricci (15521610), pur riconoscendo le straordinarie qualità naturali dei pittori cinesi, affermava che essi non potevano competere con quelli europei perché «non sanno pingere con olio, né dar ombra alle cose che pingono». D’altra parte, il cinese Wu Li (16321715), buon conoscitore della pittura europea e critico illustre, riteneva che i pittori d’Europa ricercassero eccessivamente «la somiglianza esteriore con il rilievo delle forme». La questione prospettica non è trascurabile, anche se, in definitiva, è erroneamente impostata.


Willem Schellinks, Scena magica alla corte dei moghul. Shaˉ h Jahaˉn e i suoi quattro figli (1650 circa); Parigi, Musée Guimet.