I NESTORIANI

Bisanzio e l’Asia centrale

Sembra dunque evidente un intrecciarsi di suggerimenti e di irradiazioni figurative che interessano sia l’Iran preislamico, sia il mondo bizantino, sia infine l’Asia centrale nella sua totalità. Un suggerimento bizantino si nota, per esempio, nella distribuzione delle figure e dei simboli nelle scene a bassorilievo dell’“ iwan” centrale di Taq-i Bustan, così come stoffe, gesti simbolici e segni di regalità bizantini ebbero spesso origini iraniche. Quanto all’Asia centrale, le relazioni con Bisanzio sono attestate sia dalle numerose monete bizantine ritrovate in varie località (per esempio a Yotkan), sia dagli sforzi dei sogdiani (abitanti di una regione centrasiatica particolarmente impegnata nei commerci a largo raggio) per dirottare su Bisanzio il commercio della seta cinese e centrasiatica. Il momento in cui il mercato sasanide si chiuse perché la Sogdiana era in mano turca, i mercanti sogdiani si rivolsero a Bisanzio d’accordo con i turchi. L’ambasceria del sogdiano Maniakh (567) ebbe buon esito e Giustino II, imperatore di Bisanzio, rispose inviando Zemarkos (568), che stipulò una formale alleanza con i “turchi occidentali”. Ma le missioni dello stesso Zemarkos, di Valentino, di Euthikios, di Erodiano, di Paolo di Cilicia, per quanto importanti, non furono gli unici contatti fra Bisanzio e l’Asia centrale. Mercanti, religiosi e viaggiatori ne aumentarono il volume e la consistenza, sicché possiamo affermare che l’irradiazione bizantina non fu priva di sostegni sul piano propriamente storico. A essa deve essere affiancata quella nestoriana, che, nel campo delle arti figurative, portava con sé una componente siriaca notevole. Il cristianesimo, come testimonia lo scrittore gnostico Bardesane (circa 154-222) in una sua lettera, era già presente in Battriana (la regione dell’odierna Balkh in Afghanistan) fin dalla fine del II secolo. I contatti commerciali, e soprattutto le persecuzioni conseguenti alla condanna di Nestorio come eretico, facilitarono la diffusione di questa corrente cristiana in Asia centrale. Più tardi la protezione accordata dai turchi uighur sia al nestorianesimo sia al manicheismo fece in modo che l’una e l’altra religione penetrassero in Cina, allora condizionata dall’impero uighur. Solo il nestorianesimo però avrà una parte di primissimo piano nell’evoluzione spirituale delle masse turche e mongole, inferiore solo a quella del buddhismo. Dal punto di vista artistico, a parte la famosa stele di Hsi-nganfu in Cina (che ha scarsa importanza dal punto di vista figurativo), troviamo a Qocˇo (Turfaˉn) un dipinto murale che rappresenta la Domenica delle palme. Al di sopra di questa scena grandeggia un cavaliere (oggi quasi completamente perduto in originale) che verosimilmente rappresentava il Cristo e che portava, nella corona e in cima allo scettro, la “croce di gloria” perlata, caratteristica della iconografia nestoriana. Nella Domenica delle palme il diacono, con il calice nella destra e il pallio nella sinistra, è più grande dei fedeli (disposti in fila) e indossa una specie di scialle che non corrisponde alla tradizione liturgica romana, mentre la figura, nell’insieme, nonostante il volto esotico, è chiaramente d’ispirazione occidentale. Fatto curioso: in una pittura murale di Bezeklik (sempre nell’area di Turfaˉn), che rappresenta un Buddha predicante circondato da ascoltatori di diverse razze e stirpi (come dimostrano i loro volti e i loro costumi), c’è anche un monaco straniero che porta un rosario indossato come una collana e che ha, come pendente, una “croce di gloria” nestoriana. L’universalità del buddhismo è qui espressa anche dalla presenza del rappresentante di una religione diversa che ascolta un verbo per lui eterodosso. Quest’amica presenza cristiana in Asia centrale e in Estremo Oriente, oltre alle opere citate, ne offre anche altre che rientrano a pieno nella produzione e nel gusto degli uighur, così da essere difficilmente riconoscibili come nestoriane. A parte alcune cappelle o chiesette e un enorme numero di croci (di cui una parte è protostorica e perciò non ha nulla a che fare col cristianesimo), l’arte nestoriana non ha una documentazione corrispondente all’importanza che ebbe la presenza del cristianesimo nestoriano in Estremo Oriente, non fosse altro per gli echi che suscitò, di rimbalzo, nella cristianità occidentale. A cominciare dalla leggenda del Prete Gianni nata, all’epoca del Barbarossa e di Alessandro III, dalla notizia certa (ma un poco imprecisa), pervenuta alla corte papale in Viterbo, di una forza militare cristiana che aveva travolto le schiere musulmane di Sanjar (il sovrano selgiuchide modello di cavalleria dell’intero islam) in una grande battaglia (Samarcanda, 9 settembre 1141). Ne deriva che, quando le forze mongole dilagano in Europa fino all’Adriatico (raggiunto nel 1242), si pensò che fossero milizie del Prete Gianni venute a punire l’Europa per i suoi peccati, fermo restando che nel nome “tartari”, attribuito erroneamente ai mongoli, più che un riferimento alla distrutta tribù dei t’a-tar, c’era un’implicita volontà di demonizzazione con l’evocazione del Tartaro (l’inferno).


Domenica delle palme (IX secolo d.C.), da Qocˇo (presso Turfaˉn, Cina, Xinjiang); Berlino, Staatliche Museum, indische Kunstabteilung. La scena appartiene al fenomeno della diffusione del cristianesimo in Asia, secondo la confessione nestoriana.