MARCO POLO ell’immaginario collettivo, la figura di Marco Polo è il prototipo del viaggiatore capace di avventurarsi su sentieri poco o mai battuti, alla scoperta dell’ignoto e del meraviglioso. Negli occhi degli spettatori televisivi dell’ultimo scorcio del secolo scorso, infatti, ci sono ancora le immagini del kolossal di Giuliano Montaldo che, fra il 1982 e il 1983, portò nella casa degli italiani prima, e in quella degli spettatori di altri quarantasei paesi del mondo poi, le imprese del giovane veneziano. Tuttavia, la realtà storica di Marco Polo è prima di tutto quella di un intellettuale che si è ritrovato a proseguire la tradizione dei grandi geografi dell’antichità, a iniziare da Ecateo di Mileto, Erodoto, Pausania il Periegeta (per distinguerlo dall’omonimo generale) e continuare, in età cristiana, con Cosma Indicopleuste. La principale differenza, al di là dell’epoca, dell’estensione del viaggio, della distanza delle terre visitate rispetto al bacino del Mediterraneo, fu la giovane età di Marco Polo. Egli, infatti, partì poco più che ragazzo e ritornò quando era ormai un uomo maturo. Come scrive giustamente Arabella Cifani : «Fino ai tempi di Marco Polo l’Oriente era […] per gli europei un luogo vuoto, e, in unmondo considerato piatto, le carte geografiche lo indicavano come un territorio embrionale, un infinito spazio attraversato da alcune vie carovaniere e fiumi, ma non meglio definito, esattamente». Tutto questo, non perché non ci fossero stati altri viaggiatori nei decenni precedenti, a cominciare da Giovanni dal Pian del Carpine – che scrisse l’Historia Mongalorum dedicata a Luigi IX re di Francia – e neppure perché non ci fossero più che fiorenti i commerci. Da Venezia, i mercanti sulle navi partivano per approdare a Candia e poi proseguivano verso Acri in Palestina, oppure alla volta di Smirne, nell’attuale Turchia o, ancora, sbarcavano ad Alessandria in Egitto per poi cambiare mezzo di trasporto e proseguire a cavallo e con i carri lungo le carovaniere. Le navi si univano in gruppi armati detti “taxegia”, per proteggersi dai pirati, mentre le colonne dei commercianti di stoffe e di spezie, coi pellegrini, si facevano scortare da mercenari non sempre affidabili. Per quale motivo, allora, l’idea di Oriente moderno si può dire che sia nata con il viaggiatore veneziano? Il motivo sta nella diffusione di quel resoconto straordinario che ebbe come titolo Il Milione, perché l’arguzia popolare lo considerò così stupefacente da ritenerlo un cumulo di panzane. In realtà, le ipotesi sul nomignolo sono diverse e vanno dalla congettura che lo vorrebbe accrescitivo di “milius” (ossia miglio) per via delle enormi distanze percorse, oppure dal soprannome Emilione che la famiglia di Nicolò Polo utilizzava per distinguersi dagli altri gruppi che, a Venezia, avevano lo stesso cognome. Infine, un’ulteriore supposizione è che il titolo alluda alle ricchezze di Kublai khan, già conosciuto dal padre e dallo zio di Marco, in un primo viaggio in Cina. In ogni caso, il testo (il cui originale è andato perduto), ebbe un grande successo e quaranta versioni antiche, nonché traduzioni in francese (rispetto al franco-veneto originario), italiano e latino, arricchite da straordinarie miniature nella versione intitolata Le Livre des Merveilles du Monde, il cui codice della Bibliothèque Nationale de France (ms. Fr. 2810), è senz’altro il più noto. Così quel libro ebbe la forza di riempire quel “vuoto” dell’immaginario collettivo che lasciava spazio a un Oriente tanto vago quanto favoloso. L’opera fu frutto di un viaggio reale (nonostante i dubbi di certi studiosi, contestati da altrettanti storici), durato più di vent’anni, dal 1271 quando in Palestina c’era ancora il Regno di Gerusalemme, fino al 1295. N (1) Nicolò e Matteo Polo ricevuti da papa Gregorio X, da Le Livre des Merveilles du Monde (XV secolo); Parigi, Bibliothèque Nationale de France, ms. Fr. 2810, f. 14v. Note I mondi di Marco Polo. Il viaggio (1) di un mercante veneziano del Duecento, Arezzo 2024. Intero: Andrea di Bonaiuto, Allegoria della Chiesa attiva e trionfante e dell’ordine domenicano (1365-1367), particolare con gli ipotetici ritratti di Maffeo, Nicolò e Marco Polo; Firenze, Santa Maria Novella, Cappellone degli spagnoli. Particolare: Andrea di Bonaiuto, Allegoria della Chiesa attiva e trionfante e dell’ordine domenicano (1365-1367), particolare con gli ipotetici ritratti di Maffeo, Nicolò e Marco Polo; Firenze, Santa Maria Novella, Cappellone degli spagnoli. Agli interessi mercantili si aggiunse quello politico-religioso di papa Gregorio X che incaricò Nicolò e Maffeo, rispettivamente padre e zio di Marco, di consegnare una lettera pontificia a Kublai khan. L’importante compito, lasciata Venezia, fu commissionato quando erano giunti a San Giovanni d’Acri, punto di raccordo dei traffici mediterranei e “terminal” occidentale della via della seta che portava in Cina. Giunti a Pechino nel 1275, Marco si guadagnò la fiducia del sovrano che gli affidò diversi incarichi sempre più di rilievo. Tuttavia, la forza della sua opera, che va considerata uno dei più importanti esempi di letteratura di viaggio, sta nella descrizione degli usi e dei popoli incontrati: dai panozi, uomini con le orecchie enormi, a quelli con la testa di cane, fino agli sciapodi, uomini con un piede solo che usavano coricarsi di schiena e farsi ombra con quello. Tutte figure che saranno note anche attraverso stampe come quelle della Cronaca di Norimberga del 1493. Nonostante la diffusione del suo racconto, nulla sappiamo del vero aspetto di Marco Polo, il più delle volte raffigurato con barba e baffi (come nelle 1000 lire del 1983, il cui volto, in realtà, è quello del cosiddetto Vedovo sconosciuto della Galleria Doria Pamphilj di Roma) per dargli autorevolezza. Certo è che la prima immagine ufficiale nota è quella della prima edizione a stampa di Il Milione, edita nel 1477 a Norimberga (si veda l’illustrazione a p. 26), dove, però, è solo la scritta tedesca a identificare quello che, in verità, potrebbe essere un paggio qualsiasi. Al contrario, un’ipotesi interessante, proposta da Leo Olschki e ripresa da Maria Grazia Chiappori, è che il viaggiatore veneziano sia stato ritratto nell’affresco (Firenze, Santa Maria Novella) con la Chiesa trionfante nel Cappellone degli spagnoli da Andrea di Bonaiuto, il quale lo avrebbe dipinto con il tomo del Milione in mano, davanti ai ritratti (ipotetici) dello zio e del padre che tradiscono tratti sinizzanti, come si addirebbe a viaggiatori rimasti per decenni in Cina. Marco Bussagli