Outsiders vade retro Per capire le cose bisogna guardare da un altro punto di vista Alfredo Accatino Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla scoperta di grandi artisti, opere e storie spesso dimenticate: dietro ai quadri Il taglio urla sulla tela e Lucio Fontana ha ancora in mano il suo taglierino Stanley, l’arma del delitto. Poi si gira e fa: «Che dici Ugo? Va bene?». Mulas fa segno di sì, anche se è una foto posata, a taglio fatto. Come i vip che sui magazine di gossip cucinano su fornelli spenti. L’artista, semplicemente, non aveva voluto far riprendere il gesto dall’amico fotografo: «Non potrei fare uno di questi tagli mentre qualcuno si muove intorno… Ho bisogno di molta concentrazione. Cioè non è che entro in studio, mi levo la giacca, e trac! Faccio tre o quattro tagli. No, a volte, la tela, la lascio lì appesa anche per settimane prima di essere sicuro di cosa ne farò, e solo quando mi sento sicuro, parto». Il taglio era solo l’ultimo atto di un lungo processo che interessava fronte, recto, telaio e i bordi dello squarcio, lavorati a mano in modo che assumessero la caratteristica forma concava. Sul retro, preparato con colore bianco, Fontana applicava infatti strisce di robusta garza nera (che lui chiamava “teletta”) in modo che non si vedesse il muro dietro il dipinto, dando un senso di infinito. Venivano fatte aderire con Vinavil dietro i due lembi, e rinforzavano la struttura bloccandone i bordi. Usava solo tele di lino belga, che acquistava dal Colorificio Nord e dalla bottega Crespi in via Brera a Milano. Oltre alla firma aggiungeva frasi, spesso sorprendenti, come «Voglio bene a Teresita», dichiarando l’amore per la moglie o «Aspetto il giardiniere dell’anima...». Anche per questo oggi è quasi impossibile falsificare una sua opera. Magari sarà per questo (…ma che peccato!), che la Fondazione non ha accettato di farci pubblicare uno scatto del retro. Ecco cosa si nasconde dietro a un quadro famoso, dietro a tutti quadri. Storie che aspettano di essere raccontate, come quelle di Roberto Melli, che epurato dalle leggi razziali in quanto ebreo, senza una lira, faceva cucire a mano dalla moglie Baba due tele piccole (più economiche, perché utilizzate nelle scuole) per farne una più grande. E non c’è volta, quando mi aggiro per una casa d’aste, che non sbircio il retro, come uno sconcio guardone. Del resto, un critico autorevole, sorprendentemente greve, mi stupì sibilando a bassa voce: «Vedi, i quadri sono come le donne, per comprenderne l’anima, devi guardargli il culo!». Cornelis Norbertus Gysbrechts, Trompe l’oeil. Il retro di un dipinto incorniciato (1668-1672), Copenaghen, SMK - Statens Museum for Kunst. Beppe Guzzi, Ritratto di fanciullo (anni Trenta), il retro. Beppe Guzzi, Ritratto di fanciullo (anni Trenta), il davanti. Vik Muniz, Verso (Anantomy Lesson) (2016). L’opera è una ricostruzione del retro di Lezione di anatomia del dottor Nicolaes Tulp (1632) di Rembrandt, conservata al Mauritshuis dell’Aja. Riportano targhe, timbri, dediche, attribuzioni, restauri (la Gioconda, per esempio, sul retro ha due belle zeppe a forma di rondine), tanto che l’architetta Lina Bo Bardi per l’allestimento del museo di San Paolo del Brasile fece montare nel 1968 i quadri direttamente su lastre di vetro, permettendone così una loro visione posteriore altrimenti impossibile. Possono anche fungere da elemento diagnostico. Un antiquario romano dietro a campo de’ Fiori diceva poi che per “sentire” se la tela è d’epoca «...sai che devi fa’? Appoggi l’orecchio dietro e la fletti. Se scrocchia va bene, altrimenti è ‘na sola...». Alcuni artisti ne hanno intuito il fascino assoluto, come Cornelis Norbertus Gysbrechts (1630 circa - dopo il 1675) nel Quadro voltato, trompe-l’oeil virtuosistico, e poi Domenico Gnoli (1933-1970) che nel 1968 ritrasse direttamente il retro di un suo quadro, un giorno che cercava l’ispirazione per una nuova opera e rimase folgorato dalla visione di una delle tante tele appoggiate sul muro. Come forse era successo allo stesso Cornelis. Roy Lichtenstein (1992-1997) rilesse il retro del quadro in chiave pop in numerose varianti; Banksy sul retro di un quadro ha dipinto una ballerina che volteggia sulla catenella, e per quindici anni il brasiliano Vik Muniz ha riprodotto il retro dei grandi capolavori rinascimentali. Oppure capita di scoprire, una volta aperto il foglio di protezione, che molte tele, per risparmiare, sono state dipinte dai lori autori in entrambi i lati, magari, come si capisce subito dal doppio ritratto di bambino di Beppe Guzzi qui pubblicato, perché il primo schizzo non convinceva con quel braccino rachitico, fuori composizione, rispetto al progetto finale. Nel 2018 a Bassano del Grappa (Vicenza) si è tenuta Abscondita, un’esposizione temporanea che ha messo in scena solo questo: il retro dei quadri, molti provenienti dalle collezioni locali del territorio. Ecco, vorrei immaginare di costruire su questa idea una grande mostra (potremmo chiamarla Backstage) e svelare queste storie. Forse, qualcuna è anche a casa vostra e aspetta solo di essere scoperta o raccontata.H «Bisognerebbe poter mostrare i quadri che sono sotto il quadro» (Pablo Picasso)