Grandi mostre. 5
TOULOUSE-LAUTREC A ROVIGO

La Bohème
dal vivo

A palazzo Roverella una preziosa esposizione, immergendo il visitatore nell’effervescente ambiente parigino di fine Ottocento, ricostruisce il profilo creativo di Toulouse-Lautrec, troppo spesso tratteggiato solo attraverso la sua attività di autore di manifesti. Ma il suo talento va ben oltre.

MARTA SANTACATTERINA

Sul finire dell’Ottocento Parigi rivestiva il ruolo di capitale indiscussa dell’arte e della modernità: lo sancì in particolare l’Esposizione universale, che aprì i battenti nel maggio del 1889 sotto l’ombra della nuovissima Tour Eiffel. In una manciata di decenni la città fu infatti travolta da nuovi e dirompenti linguaggi artistici, dall’impressionismo al postimpressionismo, e poi il simbolismo e l’Art Nouveau, dando vita a un contesto vivacissimo, che attirava spiriti creativi da tutto il mondo, capaci così di farsi conoscere e di conquistare l’ambito successo. Attorno alla Ville Lumière gravitò anche Henri de Toulouse- Lautrec, nato ad Albi nel 1864 da una famiglia aristocratica che per secoli aveva rivestito una posizione di rilievo in Occitania; fin da bambino, Henri aveva manifestato una particolare dote nel disegno, che in seguito affinò studiando prima con René Princeteau, poi con Léon Bonnat e infine con Fernand Cormon. Le prime prove di Toulouse-Lautrec e l’ambiente di Parigi costituiscono le sezioni iniziali dell’ampia mostra di palazzo Roverella di Rovigo, un’esposizione che si pone due obiettivi: il primo, puntare l’attenzione sugli aspetti meno indagati dell’arte di Lautrec, che spesso è noto solo per la sua attività di cartellonista; il secondo, proiettare idealmente i visitatori nei boulevard, nei vicoli, nei cabaret e nei caffè della capitale francese “fin de siècle”.

Le opere d’esordio di Lautrec sono esposte accanto a un olio di Cormon, a una tela di Federico Zandomeneghi – l’italiano “de Paris” che gli fece scoprire l’impressionismo – e a un carboncino di Degas, considerato il punto di riferimento assoluto dall’artista di Albi. Parte da qui il filo rosso della pittura di Toulouse-Lautrec, che va di pari passo con un percorso tematico attraverso cui emergono le caratteristiche salienti del suo linguaggio. Innanzitutto, la tecnica: l’artista scelse infatti di dipingere con colori a olio diluiti nella trementina e stesi il più delle volte su supporto di cartone grezzo o su tavola, facendo del “non finito” una sorta di credo. Questo sistema gli permetteva una grande fluidità del segno, mentre l’opacità della superficie pittorica richiamava il pastello; l’asciugatura assai rapida era infine congeniale a Lautrec.


Henri de Toulouse-Lautrec, come per le altre opere riprodotte in questo articolo, dove non diversamente indicato, Studio di nudo, donna seduta su un divano (1882), Albi, Musée Toulouse-Lautrec.