CATALOGHI E LIBRI MAGGIO 2024 a cura di Gloria Fossi LA TEORIA DEL RESTAURO DALLA CARTA DI ATENE A OGGI Raffinata studiosa del Settecento (al quale ha dedicato, fra gli altri studi, Le arti nel Settecento europeo, Torino 2009), già docente di storia della critica d’arte, Orietta Rossi Pinelli ci regala qui una disamina quanto mai precisa e illuminata sulle posizioni teoriche dei principali esponenti del dibattito artistico, politico e culturale su un tema che in Italia è sempre stato molto a cuore, e ci rende famosi nel mondo: il restauro. Un argomento denso di implicazioni e di molte vicende, sin dalla Carta del restauro di Atene (enunciata a seguito della Conférence d’Athènes del 1931), che costituisce, come spiega Rossi Pinelli, molti «dei presupposti teorici che si ritroveranno, ampiamente rielaborati», nella famosa Carta del restauro di Cesare Brandi, tra le figure chiave della storia del restauro, della sua teoria e dei suoi metodi scientifici elaborati in Italia nel secolo scorso, a partire dal 1939, con il prestigioso Istituto centrale del restauro, fondato e diretto a Roma da Brandi. È un libro imprescindibile non solo per i restauratori, che queste vicende in parte conoscono ma certo non nell’analitica ricostruzione storico-critica qui presente, ma anche per tutti gli storici dell’arte. Orietta Rossi Pinelli 232 pp. € 21 ARCADIA SACRA Nel 2012 arrivò in Europa, dall’Ermitage di San Pietroburgo, un telero di oltre tre metri di lunghezza, fra le prime opere di Tiziano. E fece clamore: la Fuga in Egitto, ora oggetto del libro di Monica Ferrando, denso di riferimenti a temi filosofici, politici e letterari sull’Arcadia, si data attorno al 1507, quando il cadorino aveva circa vent’anni, e si era trasferito dalla bottega veneziana di Giovanni Bellini a quella di Giorgione. Destinata al palazzo di Andrea Loredan sul Canal grande, poi acquistata da Caterina di Russia nel 1768, la Fuga in Egitto era stata elogiata nel Cinquecento da Vasari e nel 1660 da Marco Boschini: «Quadro, che ognun che’l vede el se ghe inchina [...] opera umana no, ma ben divina». Nel 2012, dopo anni di restauri, fu esposto alla National Gallery di Londra (Titian’s first masterpiece: The flight into Egypt, 4 aprile-2 settembre 2012), poi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia (Tiziano. La fuga in Egitto e la pittura di paesaggio, 29 agosto-2 dicembre 2012). Nuove aperture sul paesaggio veneziano e tizianesco si erano già avute, quello stesso anno, alla bella mostra milanese di Palazzo reale (Tiziano e la nascita del paesaggio moderno, 16 febbraio - 20 maggio 2012). Era anche uscita la monografia di Augusto Gentili (Tiziano, Milano 2012), che tuttavia non contemplava la Fuga dell’Ermitage né fra le opere certe né fra quelle di bottega. Forse non fu un caso, perché in Europa il dipinto fu molto discusso: in primis da Charles Hope, che negò la paternità a Tiziano sulla “London Review of Book”. Dunque, per amor di precisione, non fu solo Vittorio Gregotti a Venezia, come ricorda Ferrando, a considerare «un fallimento» il dipinto, peraltro, nonostante il restauro, poco leggibile in alcune sue parti, anche se visto da vicino come potemmo fare. Fra i tanti ritagli che conservai nel catalogo, l’intervento di Anna Ottani Cavina (Quando il paesaggio diventò il protagonista della pittura, in “La Repubblica”, 9 settembre 2012) mi parve e mi pare tuttora il più equilibrato: quel dipinto “da portego”, decorativo e profano, che collegava «la facciata d’acqua a quella di terra», si apriva alla visione di «un paradiso terrestre», che poi, con la sua «fidiaca [...] classica purezza formale» (Giuliano Briganti), è come una firma del giovane Tiziano. Con queste premesse è più semplice, ci pare, leggere la notevole verifica di Ferrando sulle possibilità che il paesaggio non sia l’Egitto né propriamente il paradiso, ma un’ideale Arcadia: un paradigma politico, une terra promessa per la Venezia dei tempi di Tiziano. Monica Ferrando 136 pp., 12 ill. colore € 21