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Luca Antoccia

Mimmo Jodice, il grande fotografo nato a Napoli esattamente novant’anni fa, nasce in realtà pittore. Poi l’incontro magico con la fotografia avviene quando arriva in casa un po’ casualmente a inizio anni Sessanta un ingranditore per stampare foto, quando l’artista non possedeva ancora una macchina fotografica. Questo, insieme a molti altri aneddoti e testimonianze, è contenuto nel prezioso documentario Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice (sulla piattaforma RaiPlay) di Mario Martone (fresco del premio Robert Bresson 2023 alla carriera al Festival del cinema di Venezia). «Jodice possiede uno sguardo classico», dice l’antropologo Marino Niola, intervistato insieme a tanti altri, «anche quando fotografa persone, bambini». L’eredità pittorica si vede anche nel principio barocco e caravaggesco dell’oscurità luminosa.

«Dappertutto i segni di un mondo magico, di poteri nascosti nelle cose, di influssi e di influenze. Dappertutto l’incertezza dell’esistenza pericolante...»: tornano assai opportune le frasi contenute in uno scritto di Carlo Levi, citate e lette in questo documentario da Andrea Renzi, a delineare la persistente traccia in Jodice di un arcaico mondo pagano. Le testimonianze della moglie Angela Salomone aprono invece squarci sul periodo d’oro del mondo dell’arte napoletano anni Sessanta e Ottanta, tra artisti e galleristi, le frequentazioni, le intersezioni creative. La casa di Anacapri (Napoli), villa Orlando, di Lucia Trisorio dove nascono tante cose, La rivoluzione siamo noi di Beuys, Mario Merz e la serie di Fibonacci, Kounellis (nel film c’è anche la celebre gallerista Lia Rumma).

Ma Mimmo Jodice è anche, come sottolinea l’architetto Stefano Boeri, un grande fotografo-antropologo e fotografo di architettura (Tokyo, Boston, Napoli, San Paolo, le sue città d’elezione). A un certo punto, infatti, negli anni Ottanta scompaiono le persone nelle sue foto e resta solo, come la definisce in questa pellicola lo stesso Jodice, la «scena del dolore», l’architettura delle cose e delle case spogliata dalle illusioni di cambiare il mondo. C’è poi anche la testimonianza del fotografo Antonio Biasucci a ricordare come Jodice abbia sempre avuto un temperamento incline a sperimentare vie nuove: ed ecco gli strappi, gli interventi sulle foto al momento dello scatto e in camera oscura, i movimenti durante lo sviluppo, con cui egli si inserisce consapevolmente e a pieno titolo nell’arte contemporanea. E un artista come Francesco Vezzoli può identificare in Jodice la sua prima fonte di ispirazione.

Un film-ponte tra diversi universi e linguaggi molto più affini di quanto si pensi.


Un frame da Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice (2023), di Mario Martone.