La bellezza femminile, colta nei più variegati atteggiamenti; i pregi e anche i difetti del sesso gentile; l’analisi delle loro abitudini sia private sia pubbliche, condotta attraverso un segno grafico netto e preciso, inequivocabile, sostenuto da una ricchezza cromatica sfavillante ma mai inopportuna.
La predilezione di Utamaro per il ritratto femminile era già risaputa in Europa fin dal tardo Ottocento, quando, nel 1891, il francese Edmond de Goncourt pubblicò il volume Outamaro, le peintre des Maisons vertes, la prima monografia su un artista giapponese prodotta in Occidente. Le “case verdi” ricordate da De Goncourt sono i bordelli dello Shin Yoshiwara, il quartiere dei divertimenti di Edo, dove Utamaro visse gran parte della propria esistenza dedicando l’intera sua opera ai personaggi che l’animavano.
Il titolo della monografia di De Goncourt fu suggerito dalla traduzione di quello di una delle più riuscite raccolte di stampe di Utamaro, la Serie delle dodici ore nelle Case verdi (Seiroˉjuˉ ni toki tsuzuki) del 1794 circa: una dozzina di fogli con altrettante composizioni con bellezze femminili a figura intera, ritratte nei dodici momenti della giornata in cui tradizionalmente si suddividevano le ventiquattro ore in Giappone. Le figure sono alte, slanciate e sempre eleganti, sebbene in alcuni casi siano intente a svolgere faccende private, come la preparazione per la notte oppure il bagno. Il titolo della serie e quello della stampa singola sono segnalati nel cartiglio a forma di orologio con campanella posto in alto; sono presenti inoltre la firma dell’artista, «Utamaro hitsu» (il pennello di Utamaro), il sigillo della censura «kiwame » (visionato) e l’emblema dell’editore Tsutaya Juˉzaburoˉ , costituito da un monte a tre cime e una foglia di paulonia (“kiri”).