Inaugurata nell’agosto del 2007, dopo cinque anni di intensa progettazione, la monumentale vetrata per il transetto meridionale del duomo di Colonia, alta una ventina di metri e occupante una superficie di circa centotredici metri quadrati, suscita fin da subito un acceso dibattito. L’arcivescovo della città grida addirittura allo scandalo arrivando a dire che la reputa molto più adatta a una moschea che a una chiesa cattolica (il duomo di Colonia è uno dei monumentisimbolo del cattolicesimo nel Nord Europa).
Eppure, l’intenzione di Richter, per cui questa commissione pubblica ha rappresentato una grande sfida, sia in termini concettuali e formali, sia relazionali, è stata principalmente quella di realizzare «una bellissima vetrata, leggibile in modi diversi e così bella come sono in grado di fare qui e oggi».
Nella sua straordinaria maestosità, la vetrata parla di fatto tanto all’animo dei credenti, quanto alla mente degli atei. Così come, d’altronde, Schwarz, Rot, Gold, il tricolore di vetro specchiante collocato otto anni prima al Bundestag di Berlino, è un simbolo per chi vuole vederci la bandiera nazionale, ma anche, più semplicemente, una composizione di tre monocromi, che affascina per la sua lucentezza e imponenza.
Il rifiuto dell’arcivescovo, che certamente ignorava importanti esempi di vetrate per luoghi religiosi, disegnate in precedenza con forme astratte da artisti e architetti d’avanguardia come Albers, Braque, Le Corbusier, Léger e Matisse (per non parlare del fatto che ornamenti e altri elementi astratti erano già presenti nelle vetrate medievali), si basa ancora sul principio, sancito dal Concilio vaticano II, che l’arte sacra deve essere figurativa. Un principio con cui Richter si era già trovato a dover fare i conti per un’altra commissione ecclesiale: quella per il ciclo pittorico che avrebbe dovuto ornare il santuario di padre Pio, progettato da Renzo Piano a San Giovanni Rotondo (Foggia), ma che fu respinto.
Per quel luogo di culto, Richter pensa a sei tele astratte romboidali, sui toni dominanti del rosso (Abstraktes Bild, Rhombus, 1998), che però non soddisfano la committenza.
Sono poi presentate una prima volta, nel 1998, alla Anthony d’Offay Gallery di Londra e una seconda alla Biennale di Venezia del 2001.
In effetti, anche il capitolo del duomo di Colonia aveva richiesto che il nuovo “Domfenster”, da realizzare in sostituzione di quello gotico, distrutto dai bombardamenti della guerra e da allora rimasto con un vetro neutro, fosse decorato con un’iconografia di stampo tradizionale per commemorare i cattolici che si erano opposti al nazismo diventando i martiri tedeschi del Novecento.
Dopo alcune prime prove, Richter supera l’impasse, già vissuta con i precedenti tentativi di rappresentare le vittime del nazismo, sviluppando lo schema compositivo totalmente astratto delle sue Farben degli anni Sessanta-Settanta. In particolare, prende come riferimento il dipinto 4096 Farben (1974), ma, invece di basare la combinazione casuale nelle tesserine di colore su un sistema
di calcolo che prende come punto di partenza il numero quattro, la affida al calcolo computazionale, attraverso un software progettato ad hoc.
La struttura cromatica della vetrata è dunque determinata casualmente da un algoritmo e si compone attraverso la successione di settantadue tessere di vetro soffiato, dalle diverse tonalità, che si alternano per ben settantadue volte nella prima metà del Domfenster e poi, per altrettante volte, ma specularmente, nella seconda metà.
La serialità casuale generata dal computer gioca un ruolo fondamentale anche nelle Streifen (Strisce), la serie di stampe digitali di grande formato (fino a dieci metri), montate tra alluminio e perspex, che presentano righe colorate orizzontali al posto dei quadratini, e a cui Richter comincia a lavorare nel 2011.
Anche per queste altre sperimentazioni, recupera un dipinto astratto di qualche anno precedente (Abstraktes Bild, 1990) che, prima, disseziona in 4.096 parti (torna lo stesso numero delle Farben), poi, duplica e ricombina in nuove composizioni.
Attraverso la “ripetizione differente” Richter si rinnova di continuo.