_ STUDI E RISCOPERTE 3 LA SCRITTURA DELL ANTICO EGITTO Maurizio Assalto La cultura egizia si è sempre ribellata all idea che tutto finisse con la morte. Certo, la rinascita era subordinata all aver compiuto azioni giuste. Ma se questo accadeva il defunto, grazie al nome inciso sulla pietra, continuava a vivere nella memoria collettiva. «Egli sarà sepolto e si riunirà alla terra, il suo nome però non sarà cancellato in terra, ma ci si ricorderà di lui per le sue virtù (*). Nell antico Egitto un uomo non moriva del tutto nel momento del trapasso: nell aldilà doveva infatti rispondere del modo in cui era vissuto in un cruciale processo in cui era in gioco nientemeno che la sua nuova nascita, wehem mesut (letteralmente ripetizione delle nascite). Se il suo cuore, posato sul piatto di una bilancia dal dio Anubi, era più leggero della piuma posta sull altro piatto, simbolo di Ma at , ovvero Verità-Ordine-Giustizia, il defunto veniva dichiarato maa-kheru , ossia giusto, e poteva continuare a vivere nella memoria della collettività; se invece risultava troppo gravato dalle cattive azioni, veniva dato in pasto a un mostro in agguato sotto la bilancia, e così il defunto moriva una seconda e definitiva volta e ogni traccia della sua esistenza scompariva inghiottita nel gorgo del non essere. Dettaglio rivelatore: nelle illustrazioni papiracee di questa scena compare sempre, in veste di cancelliere, un personaggio con la testa di ibis: il dio Thot, quello che anche Platone, nel Fedro, ricorda come inventore della scrittura. Il suo ruolo è capitale. Se è vero, come ha sostenuto l egittologo tedesco Jan Assmann, che nessuna cultura più di quella egizia si è appassionatamente ribellata al destino umano di morte e caducità, e che solo la memoria è in grado di riscattare ciò che è stato dalla maledizione dell oblio, la scrittura è l arma decisiva di questa ribellione. Fissando sulla pietra il nome del defunto, ne garantiva la sopravvivenza nei secoli: come recitava una popolare massima, un uomo vive se il suo nome è menzionato e, grazie al carattere iconico dei geroglifici, un qualsiasi passante che si imbattesse in un iscrizione sepolcrale era in grado di riconoscervi almeno il nome del dedicatario. Il geroglifico medu-netjer , parola divina ; mentre il nome con cui lo conosciamo noi viene dal greco e significa incisione sacra è però soltanto una delle forme di scrittura elaborate sulle sponde del Nilo. A questo strumento così imprescindibile per penetrare nella realtà sociale e spirituale di quella antica civiltà il Museo egizio di Torino che sotto la guida del portentoso tandem Christian Greco (direttore) ed Evelina Christillin (presidente) festeggia nel 2024 il suo bicentenario con il fresco record di un milione e sessantunmila visitatori dedica un nuovo spazio che ne investiga origini ed evoluzioni nell arco di quattro millenni. La Galleria della scrittura, mille metri quadrati all ultimo piano, è una sorta di master finale per i visitatori più interessati, Stele del sovrintendente dei cancellieri Meru (Medio regno, 1963 a.C.), particolare, Torino, Museo egizio, Galleria della scrittura, come tutte le opere riprodotte in questo articolo. 74 La Galleria della scrittura è stata inaugurata quest anno in occasione del bicentenario del museo torinese.