Un’immagine non si esaurisce in un unico dipinto. Ogni versione rappresenta un contributo al sentimento della mia prima impressione». Coazione a ripetere oppure strategia di avvicinamento a quelle emozioni che aggrovigliano la psiche in nodi indistricabili: succederà per ogni quadro forte, fino alla fine Munch replica instancabilmente tutti i suoi soggetti alla ricerca di una catarsi che sciolga quei nodi della memoria. «Camminavo lungo la strada con due amici – il sole tramontava – il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue – mi fermai – mi appoggiai stanco morto a un parapetto – sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco – i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura – e sentii un grande urlo infinito che attraversava la natura». È la stessa angoscia, «una paura che è presagio di un terremoto», di cui aveva parlato Kierkegaard, e quell’urlo infinito è «il grande urlo attraverso la natura» del Crepuscolo degli dèi di Heinrich Heine, un verso che lo stesso Munch scrive in tedesco su una delle tante varianti dell’Urlo a cui Disperazione prelude. Ragazze sul ponte (1927), Oslo, Munchmuseet.