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Con Ensor tutto è possibile

Ammirato nei musei, James Ensor, pioniere dell’arte del Novecento, sul mercato pare abbia una battuta d’arresto. Conviene tuttavia tenere d’occhio l’artista di Ostenda: quest’anno, le celebrazioni per i settantacinque anni dalla sua morte potrebbero ribaltare la situazione

Daniele Liberanome

Precursore dell’arte del Novecento, acclamato dalla critica anche se in tarda età a causa della sua originalità, legato alla tradizione fiamminga ma capace di introdurre un nuovo stile e nuovi soggetti, James Ensor (1860-1949) pare invece dimenticato dal mercato.
Le sue opere, conservate in prestigiosi musei – dal Musée d’Orsay di Parigi al J. Paul Getty Museum di Los Angeles – attirano folle di visitatori ma i suoi top lot sono stati aggiudicati quasi un decennio fa. Tutto in Ensor è contraddittorio a partire dalla sua stessa biografia: trascorse un’esistenza da tipico borghese a casa con la sorella e quasi sempre nella nativa e provinciale Ostenda, ma da lì mirava a cambiare il mondo della politica e dell’arte mondiale con idee anarchiche e socialiste. Il suo fare sprezzante emerge già dai suoi multipli degli anni Ottanta con messaggi dirompenti nei confronti sia della classe politica (come in Nutrimento dottrinale del 1889, in cui il re del Belgio defeca verso il pubblico) sia dell’establishment artistico (come nel Piscione del 1887, in cui un tipico borghese urina su un muro su cui è scritto «Ensor est un fou», Ensor è un pazzo).
In modo più delicato ma sempre fortemente critico dipinse Scheletro che arresta delle maschere del 1891, cioè risalente agli anni più apprezzati dai collezionisti. Il disturbante protagonista al centro (lo scheletro appunto) è vestito da poliziotto e violentemente strattona un personaggio contraddistinto da una maschera bianca. Una figura che, se da un lato per il colore del travestimento appare pura e innocente, dall’altro, forse, per le fattezze e l’abbigliamento sembra la pantomima di una popolana. Nella stessa tela, inoltre, se le maschere e gli scheletri si ricollegano alla tradizione di Bosch, fiammingo come Ensor, è anche evidente come l’ultima figura a sinistra è ripresa dal teatro giapponese, a dimostrazione dell’indole contradittoria dell’artista.

Pescivendole melanconiche (1892).
Pescivendole melanconiche (1892).