Fermare l’occhio su un dettaglio, soffermarsi su un frammento di un’opera svela nuove letture, intriganti, illuminanti, eloquenti: Masolino da Panicale, Madonna dell’umiltà allattante

Le mani di Maria hanno dita affusolate quali non si vedevano dal tempo di Simone Martini, ma sono prensili, stringono con naturalezza la poppa per aiutare il figlio a succhiare meglio. In passato non è stato pacifico il riferimento di questo dipinto a Masolino da Panicale giovane, verso il 1415, prima delle sue opere note, su tavola e in muro, tutte scalate dal 1423 in avanti, quando si stabilì momentaneamente a Firenze, dopo aver girato e prima di errare di nuovo, fra l’Ungheria, Roma e la Lombardia. Di Masolino è la qualità inconfondibile del chiaroscuro, intessuto di trapassi, per cui le ciocche bionde del bambino rifluiscono nella carne lattea della fronte. Le luci sono soffuse e le ombre sono vellutate, il transito dalle une alle altre non è prevedibile né costruttivo: è come il passaggio improvviso di una nuvola. Apparentemente nulla in questa Madonna estrema prepara la stagione imminente di Masaccio, di Angelico e di Sassetta.
Nulla risente dell’umanità possente di Donatello e di Nanni di Banco. Masolino era stato probabilmente allievo di Ghiberti, da lui aveva imparato a modellare la creta e la stessa sensibilità aveva travasato in pittura. Da lui aveva imparato le eleganze nutrite di naturalezza e le aveva condite con un tocco oltremontano ed esotico. Eppure anche in lui si sente, sotto traccia, in mezzo a contraddizioni continue che lo accompagneranno tutta la vita, il premere di una nuova ansia di verità, di tenerezza palpabile. Una figura irrisolta la sua, forse, ma che ha saputo vivere felicemente tempi di radicale transizione, rifuggendo ogni radicalità, mediando sempre nostalgia ed esperimento.

Masolino da Panicale, Madonna dell’umiltà allattante (1415 circa), intero, Firenze, Uffizi.
Masolino da Panicale, Madonna dell’umiltà allattante (1415 circa), intero, Firenze, Uffizi.