E non c’è dipinto migliore per visualizzare questo assunto dello Sposalizio mistico di santa Caterina con san Lorenzo, sant’Orsola e sant’Angela Merici, oggi al museo di Memphis, dove, in buona sostanza, la scena appare dominata dal dispiegarsi ampio e lucente del mantello argentato della Vergine, a cui fanno eco, in un raffinatissimo omaggio alla pittura di Savoldo, le tinte ramate della veste di Caterina. È dunque sviluppando queste nobili premesse che Romanino porta a termine l’ultima tornata del prolungato cantiere della cappella del Santissimo Sacramento, completando tutti i dipinti del registro inferiore, per quanto, ovviamente, di sua competenza. Dinanzi alle due opere principali con la Resurrezione di Lazzaro e la Cena in casa di Simone fariseo è impossibile non rilevare la totale adesione in termini di scelte e di stile rispetto alle sperimentazioni compiute dal maestro al principio del quinto decennio. Esplorazioni che non si esauriscono alle tele centrali dell’impresa, ma che, al contrario, riecheggiano anche nei due evangelisti, a cominciare dal celebre San Matteo e l’angelo, memorabile omaggio alle ricerche luministiche di Savoldo. Si tratta certamente del più alto raggiungimento romaniniano nell’ambito dei notturni e degli studi sul lume artificiale, eseguito con una sensibilità talmente moderna da essergli valso un posto di primo piano tra i precedenti caravaggeschi. Accanto al San Matteo a spiccare è poi la Resurrezione di Lazzaro, un’opera indimenticabile per la caratterizzazione contratta e rinsecchita che coinvolge tutti i personaggi stipati nella scena, dai protagonisti in primo piano ai figuranti sullo sfondo . In questa moltitudine di corpi rachitici assembrati nello spazio soffocante della tela per assistere al miracolo, si può evincere lo scarto in essere con le prove vigorose ed energiche che punteggiano il catalogo di Girolamo dei decenni precedenti. A sottolineare ulteriormente tale distanza concorre soprattutto l’evidente avversione verso i principi fondativi della pittura del Cinquecento, fermamente ricusati dal Romanino che qui riesce a confezionare una delle interpretazioni meno elette e trasfigurate di un evento miracoloso prima dell’avvento di Caravaggio. È dunque su queste basi, insomma, che si getta il preludio di quel nuovo, inesorabile processo di rivoluzione linguistica, che d’ora in avanti accompagnerà il pittore fino al termine della sua carriera, segnandola questa volta in maniera irreversibile. (6) G. Testori, Romanino e Moretto alla Cappella del Sacramento, in San Giovanni Evangelista, II, Brescia 1975, p. 17. (6) Resurrezione di Lazzaro (1543 circa); Brescia, San Giovanni Evangelista, cappella del Santissimo Sacramento.