UN’IDEA DI ROMANINO: TRA PIER PAOLO PASOLINI E GIOVANNI TESTORI

Roberta D’Adda

L a percezione che oggi si ha della pittura di Romanino vede l’indagine filologica seguire un proprio, coerente tracciato che corre parallelo a un sentimento diffuso, a un’immagine consolidata che affonda le proprie radici in un terreno nel quale la storia dell’arte si mischia con la letteratura. Qui ha preso forma la vera e propria riscossa critica di questo artista, che per tutto l’Ottocento era rimasto in secondo piano nel grande fenomeno di riscoperta della pittura bresciana del Rinascimento, sviluppatosi sotto l’egida del ben più canonico e sottile Moretto, non a caso soprannominato “il Raffaello bresciano”(16) . Se il primo Novecento fu dominato, sempre nell’ambito della storia della critica, dalla vera e propria riscoperta di Vincenzo Foppa quale capostipite della scuola bresciana(17), e poi dall’altrettanto esaltante comparsa nel mondo degli studi della figura di Giacomo Ceruti(18) – e quindi dalla sintesi di queste e altre esperienze operata da Roberto Longhi con l’introduzione della categoria critica di «pittura della realtà»(19) –, bisogna attendere il 1965 perché Romanino salga finalmente alla ribalta. L’avvio di questo processo si deve collocare nella mostra monografica promossa in quell’anno dalla città di Brescia, curata dal direttore dei Musei di Brescia Gaetano Panazza e a sua volta stimolata da una crescente attenzione critica verso il pittore (era uscita nel 1961 la ricca monografia curata da Maria Luisa Ferrari, dove pur tuttavia il pittore veniva liquidato come «senza importanza per i fermenti naturali destinati a dare nel Caravaggio»). A fastigio della mostra bresciana, fu organizzato un pubblico dibattito, vivace e colto, al quale prese parte – al fianco del pittore Renato Guttuso, dello scrittore Guido Piovene e del critico e museologo Franco Russoli – anche Pier Paolo Pasolini. La sua lettura di Romanino, che ebbe probabilmente un peso non secondario anche nello sviluppo della sua stessa poetica, è, di tutte, quella destinata a lasciare traccia più viva. Secondo Pasolini, Romanino è un artista continuamente drammatico, angosciato; la sua pittura – che a tratti rasenta una certa bruttezza, poi riassorbita come elemento espressionistico del suo stile – è frutto di una estrema sensibilità e di una condizione che lo vede profondamente estraneo al suo tempo, incapace di aderire tanto al classicismo quanto al manierismo, poiché fieramente estraneo a entrambi. Profondamente credente, severo e moralmente forte, Romanino cerca – secondo l’interpretazione data dal poeta – di dare espressione al «mondo povero», alla «classe lavoratrice», che vede in termini realistici e di vicinanza, di “simpatia” (nel senso etimologico di comunanza di sentimenti)(20) . A soli due anni di distanza dal dibattito bresciano (al quale era stato a sua volta invitato, sottraendosi in extremis), un altro scrittore che come Pasolini era stato allievo di Longhi diede la propria interpretazione su Romanino: Giovanni Testori(21). Nelle diverse occasioni che, da allora, ebbe di tornare sulla pittura del maestro bresciano – ora inserendolo nel quadro più ampio della pittura bresciana del Rinascimento, ora trattandone in maniera esclusiva – Testori non mancò di manifestare la propria profonda aderenza alla visione dell’artista, capace secondo lui di esprimere attraverso un linguaggio “dialettale” la collera e la miseria di quella stessa umanità che lui stesso poneva al centro della propria produzione letteraria in opere quali, per esempio, La Maria Brasca. In Romanino Testori vede «un barbaro […] fuggente da sé e dal proprio tempo», nonché un precursore di Caravaggio (riprendendo e rafforzando un’indicazione che era stata di Longhi), capace di mettere in scena dei «contadinacci sgangherati e scoreggioni», di rappresentare fedelmente una «aggressività contadinesca e valligiana, gozzuta e indisponente», una turba infetta di derelitti e disperati, un’umanità sofferente. Collezionista oltre che critico, Testori riuscì ad acquistare nella seconda metà degli anni Ottanta del Novecento un quadro di Romanino, ora conservato alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Si tratta del Cristo crocifisso e la Maddalena, al quale lo scrittore dedicò una “scheda poematica”, ovvero una poesia in dialetto nella quale si immagina la Maddalena rivolgersi al Cristo sulla croce: «Ma ti, Cristu, / ti, me ben, / ti che a mi / malcagada cuma sun / te me dì: / ‘segui me, / su, vegn, / anca tuta inscì sfundada […] / Crepa no, / Cristu Signùr! / Crepa no, / me Salvadùr!»(22) . Proprio in questo tentativo di tradurre in parole, in carne e passione, ciò che Romanino ha messo sulla tela – il grido bloccato della Maddalena che rivela la chiostra dei denti, con gli occhi strabuzzati rivolti in alto e l’abbreviatura deformante del profilo – sta il particolare approccio di Giovanni Testori: un pensiero che, libero da ogni rigore filologico, cerca di trovare una spiegazione alla straordinaria modernità di Romanino.

(16) R. D’Adda, Moretto tra Ottocento e Novecento: due letture a confronto, in R. D’Adda, F. Piazza ed E. Valseriati, Moretto e il Rinascimento bresciano, “Art e Dossier”, Dossier, n. 413, ottobre 2023, pp. 41-47, in part. pp. 41-42
(17) Ead., I dipinti di Vincenzo Foppa nella Pinacoteca Tosio Martinengo: riflessi di una fortuna critica ascendente, in Obiettivo Foppa. Studi e indagini sulle opere della Pinacoteca Tosio Martinengo, a cura di R. D’Adda, Milano 2019, pp. 19-30.
(18) A. Morandotti, La riscoperta moderna, in R. D’Adda, F. Frangi e A. Morandotti, Ceruti, “Art e Dossier”, Dossier, n. 406, febbraio 2023, pp. 10-15.
(19) S. Facchinetti, F. Frangi, Il Rinascimento di Bergamo e Brescia: Lotto, Moretto, Savoldo, Moroni, in Il Rinascimento di Bergamo e Brescia. Lotto Moretto Savoldo Moroni, catalogo della mostra (Milano, palazzo Marino, 2 dicembre 2021 - 16 gennaio 2022), a cura di S. Facchinetti e F. Frangi, Milano 2021, pp. 20-35.
(20) T. Mozzati, Pasolini e Romanino. La conferenza bresciana del 1965 secondo un’inedita redazione del testo, in Viaggio nel Nord Italia. Studi di cultura visiva in onore di Alessandro Nova, a cura di D. Donetti, H. Gründler e M. Richter, Firenze 2022, pp. 44-48.
(21) Sull’interesse di Testori per Romanino è recentemente intervenuto Filippo Piazza, con un contributo (qui rispecchiato nella sua sostanza) all’interno del “Pomeriggio di studi” tenuto presso l’Ateneo di scienze, lettere e arti di Brescia e intitolato Giovanni Testori e i “Segreti di Lombardia” (17 novembre 2023).
(22) G. Testori, Maddalena, Milano 1989, p. 135; Testori a Brescia: da Ceruti a Foppa, catalogo della mostra (Brescia, palazzo Martinengo, 21 dicembre 2003 - 14 marzo 2004), Cinisello Balsamo 2003, pp. 54-55.