ROMANINO TRA BRAMANTINO E TIZIANO: LA GIOVINEZZA E LA PRIMA MATURITÀ

Tra i capitoli della storia dell’arte italiana, quello che ha per protagonista Girolamo Romanino è senz’altro uno dei più avvincenti e appassionanti, tanto da poter essere individuato come paradigma per seguire l’evoluzione di quel movimento anticlassico che, all’aprirsi del Cinquecento, ha investito come un terremoto l’intera valle del Po, coinvolgendo, tra gli altri, artisti quali i cremonesi Giovan Francesco Bembo e Altobello Melone(1).

Francesco Ceretti

Niccolò Orsini, conte di Pitigliano (1508-1509 circa); Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo.
Niccolò Orsini, conte di Pitigliano (1508-1509 circa); Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo.

L’inizio della vicenda di Girolamo Romani cade a Brescia, alla metà degli anni Ottanta del Quattrocento, in un contesto dominato dalla produzione dell’ormai anziano Vincenzo Foppa, padre del Rinascimento bresciano. Sebbene non si conosca la data esatta della nascita di Romanino, grazie alle polizze d’estimo è possibile stabilire con sicurezza che Girolamo nacque tra il 1484 e il 1487, a Brescia, come suggeriscono i tanti documenti in cui il maestro è detto «Brixiensis», «Brixianus» o «de Brixia».
L’attività del giovane Romanino trova la sua prima testimonianza cronologicamente accertabile nel ciclo di affreschi eseguito nel palazzo del celebre condottiero Niccolò Orsini, il potente conte di Pitigliano, a Ghedi, nelle campagne bresciane; un ciclo completato al principio del 1509 e oggi conservato in stato frammentario tra lo Szépmu˝vészeti Múzeum di Budapest, la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia e la Fondazione Ugo da Como di Lonato del Garda.

(1) F. Frangi, Per un percorso di Romanino, oggi, in Romanino. Un pittore in rivolta nel Rinascimento italiano, catalogo della mostra (Trento, Museo castello del Buonconsiglio, 29 luglio - 29 ottobre 2006), a cura di L. Camerlengo, E. Chini, F. Frangi e F. De Gramatica, Cinisello Balsamo 2006, pp. 14-47.