I fratelli Caillebotte hanno sempre rispettato un ritmo del genere, e la pittura del fratello maggiore, assieme alle foto dell’altro, documentano fedelmente queste alternanze, a loro volta seguite da vicino dall’ottima mostra per il centenario della morte dell’artista che il parigino Grand Palais fu pronto a organizzare, da cui è possibile trarre un prezioso canovaccio per condurre la presente lettura. E dunque, ecco di nuovo il nostro Gustave installato nel cuore della Ville Lumière, in cui del resto aveva già realizzato il suo grandioso esordio con l’episodio dei Piallatori di parquet. Come dire che egli si affretta a confermare il canone baudelairiano secondo cui bisogna essere prima di tutto pittori della vita moderna, e magari Arthur Rimbaud avrebbe ulteriormente aggiunto l’obbligo di essere «assolutamente moderni». “À la guerre comme à la guerre”, si potrebbe dire, e dunque, se veduta urbana deve essere, meglio coglierla in pieno, negli aspetti più decisamente artificiali, che in definitiva non sarebbero dispiaciuti nemmeno al nostro Boccioni, pochi decenni dopo. Ecco dunque la passeggiata sul Pont de l'Europe, dove a dominare è proprio un elemento artificiale, assolutamente estraneo alla natura, ovvero un ponte eretto con travature metalliche poste in primo piano, da protagoniste, anche se il canone, pur sempre accettato da ogni impressionista, vuole che su quelle superfici in sé neutre, asettiche, si distenda una manteca di effetti morbidi, luminosi, volti proprio ad attenuare il rigore degli infissi usciti dalle fabbriche. Da notare il cane in primo piano, non come elemento complementare di un quadretto bucolico, ma anch’esso promosso al livello di protagonista, di attore di un’avventura di strada, tanto da essere anteposto alla coppia decorosa, in abiti civili, che avanza un po’ da lontano, ma anch’essa attratta a percorrere quel “sentiero luminoso”, del resto ben tratteggiato dalle ombre azzurrine emananti dai tralicci metallici.
RITORNO ALLA CITTÀ:
PARIGI IN STRADA,
DALLA FINESTRA O DAL BALCONE
Era proprio dei buoni borghesi di quei tempi alternare gli ozi in villa a inevitabili rientri nel tumulto della città, per coltivarvi i propri interessi.