EDUCAZIONECLASSICA

Nel 1922 Gio Ponti incomincia anche a frequentare la fabbrica di ceramica nel quartiere San Cristoforo a Milano.

Il proprietario dello stabilimento, Augusto Richard, intuisce nel giovane architetto lo spirito avventuroso e la capacità organizzativa e, nel giro di un anno, lo nomina direttore artistico della Richard-Ginori. 

Quello che Paolo Venini fece a Murano per il vetro negli anni Venti, Gio Ponti lo fa per tutta la vita nella ceramica e in tutti gli altri ambiti artigianali in cui si muove, mostrando ai migliori artigiani d’Italia, che continuano a ripetere gli stessi stilemi da secoli, le forme nuove della modernità. 

Egli partecipa alla Biennale di Monza del 1923 e sorprende tutti. Le sue opere, accanto a quelle di un Liberty colto (Alessandro Mazzucotelli, Guido Marussig), ad altre già déco e a una produzione industriale spesso di pessimo gusto, testimoniano la cultura di un erede ideale dello stile neoclassico lombardo dei primi dell’Ottocento, che abbia anche visitato le civiltà italiche, greche, etrusche e l’Italia del tardo Rinascimento. 

Le sue fonti più dirette sono i musei e le incisioni dei reperti portati alla luce dagli scavi settecenteschi di Ercolano. Ne nascono le serie Herculanea, la Passeggiata archeologica, la Conversazione classica. Da cittadino di un paese dove le rovine sono disseminate ovunque, egli percepisce l’antichità come un’esperienza quasi fisica. 

I suoi modelli rinascimentali sono il Parmigianino e il Pontormo, che ispirano la serie ceramica Le mie donne, creature divine, adagiate sui fiori e sulle nuvole, di un manierismo lezioso e languido.


vaso in maiolica Prospettica (1925); manifattura Richard-Ginori di Doccia, Sesto Fiorentino (Firenze).