tutte le metamorfosi prodigiose(8) narrate non potrebbero apparire come atti magici, ovvero al di sopra delle leggi naturali? E che dire dei miracoli veterotestamentari di Mosè - la “verga dei prodigi” (funge da bacchetta magica) apre e richiude le acque nel passaggio del mar Rosso, viene trasformata in serpente, fa scaturire le acque dalle rocce dell’Oreb; raggi di luce, o corna simboliche, permangono sul capo di Mosè dopo l’incontro con IHWH nel roveto ardente -, di Giosuè che ferma il sole e di altri atti sovrannaturali di personaggi religiosi? E i re magi che giungono da Oriente per onorare colui che resusciterà hanno anche connotazioni esoteriche o solo grandi competenze nell’arte dell’astrologia? Le numerose versioni pittoriche dell’Adorazione dei magi realizzate a Firenze dopo il Concilio voluto da Cosimo il Vecchio contengono anche riferimenti ermetici, cari alla cultura neoplatonica del Quattrocento. La parola “mago” è la traslitterazione del termine persiano antico “magūsh”, passato al greco “màgos”; per Erodoto la parola “màgoi” è riferita specificamente ai sacerdoti astronomi dello zoroastrismo nell’impero persiano. Nel Vangelo di Matteo, il passo che riguarda i magi implica che fossero dediti all’osservazione delle stelle e che giungessero dall’Oriente. Ludolfo di Sassonia, nella sua Vita Christi, precisa che «i tre re pagani vennero chiamati Magi non perché fossero versati nelle arti magiche, ma per la loro grande competenza nella disciplina dell’astrologia. Erano detti magi dai Persiani coloro che gli Ebrei chiamavano scribi, i Greci filosofi e i latini savi».