Ai suoi figli spiegava «si può essere felici solo se si è pittori». Alla pittura e alla famiglia Joaquín Sorolla,
uno dei maggiori pittori spagnoli tra Otto e Novecento, aveva dedicato se stesso. Una pittura intrisa di luce, moderna, dal taglio fotografico, fatta
di istantanee in movimento dal realismo delicato e sottile. Grandi tele e dipinti da cavalletto con figure, ritratti, paesaggi, scene di vita. Una
vera e propria poesia per immagini, che restituisce il volto di una Spagna solare e gioiosa. Una Spagna marina, rurale, dalle tradizioni radicate,
vista da un osservatore attento e sensibile, che sa coglierne la bellezza in ogni momento.
Sorolla, come avevano già notato i contemporanei, si pone in una posizione di spicco tra Goya e Picasso, segnando una tappa felice nella pittura
spagnola ed europea. Non solo per l’attualità dei temi, per la leggerezza di forme e colori, ma soprattutto per la novità fotografica della visione
e la qualità della luce. Una luce intensa, vibrante, mediterranea, che lo ha fatto definire «il Velázquez della luce».
Nato a Valencia il 27 febbraio 1863, Joaquín Sorolla y Bastida non ebbe inizi facili. Primo figlio di un commerciante di tessuti, stabilitosi a
Valencia dal 1853, con casa al 6 di via Barcelona, rimane orfano a due anni. I genitori muoiono entrambi di colera nel 1865. Sono gli zii materni a
occuparsi di lui e della sorella Concha, nata nel 1864, nella loro casa in via Larga de la Sequiola (poi via Don Juan de Austria). Lo incoraggiano
nella sua passione per la pittura mandandolo nel 1876 ai corsi serali di disegno in una scuola professionale per artigiani. Intanto Joaquín lavora
come apprendista nella bottega di fabbro dello zio. Ma a quindici anni può seguire finalmente il suo sogno, iscriversi alla Scuola di Belle arti di
Valencia, ottenendo nel 1878 un diploma.
