UN’OMBRAPESANTE

Un’ombra pesante sull’attività di Adriano in Oriente è costituita dagli eventi di Giudea del 132-135. Ci avviciniamo alla fine del principato, e anche ora ci sono elementi di inquietudine, più gravi di quelli che ne avevano contrassegnato l’inizio.

Ci permettiamo di riprodurre un passo di Eugenio La Rocca, tratto dal suo saggio nel catalogo della mostra intitolata L’età dell’equilibrio. Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio (Roma 2013). Già la domanda iniziale, «L’età dell’equilibrio: realtà o utopia?», semina inquietudine. Ma poi La Rocca affonda il colpo: «Persino la fase “tranquilla” del principato di Adriano, che dichiaratamente aveva abbandonato tutti i progetti espansionistici lasciati a mezzo dal suo predecessore Traiano, è grondante di sangue. L’evento più drammatico in assoluto avvenuto in questo lungo periodo di - presunta - pace globale è stata la rivolta di Bar Kochba (il “Figlio della Stella”) che si autoproclamò Messia e re di Giudea e guidò l’ultima rivolta ebraica contro il mai accettato dominio romano. Ci vollero quattro anni, dal 132 al 135, perché i Romani avessero la meglio sui rivoltosi. Il comportamento romano fu impietoso: i prigionieri immediatamente uccisi; Gerusalemme trasformata in città pagana con il nome di colonia Aelia Capitolina. Sulle rovine del Grande tempio, già distrutto da Tito nel 70, fu eretto un tempio dedicato a Giove Capitolino. Agli ebrei fu impedito di mettere piede nella loro città. Così, con la dissoluzione della Giudea e con la soppressione delle loro guide spirituali e politiche, fu attuata una delle più crudeli repressioni religiose nella storia pur tragica dell’antichità, i cui amari risultati sono ancora evidenti al giorno d’oggi».


Rappresentazione in un mosaico di Aelia Capitolina (VI secolo d.C.); Madaba (Giordania), chiesa di San Giorgio.


Busto dell’imperatore Adriano (135 d.C. circa), da Tel Shalem (Israele); Gerusalemme, Israel Museum.