Come artista propriamente inteso, siamo di nuovo di fronte a una coerenza ferrea di chi respinge tutte le lusinghe del “moderno”, i criteri del realismo-naturalismo, che Blake vede concentrati nella persona di Sir Joshua Reynolds, il dominatore della scena artistica londinese, dall’alto della Royal Academy.
Agli occhi del nostro oscuro, non apprezzato operatore, quell’alto principe delle arti appare come un corruttore, come un pessimo esempio da seguire,
tanto da rivolgere un ringraziamento al cielo per averlo reso diverso da quel personaggio. Coraggio estremo di chi, dal basso, dall’oblio, lancia un
guanto di sfida contro un personaggio che viceversa siede al vertice della piramide. Ma a dire il vero Blake salva, dalla ecatombe che proclama, due
rappresentanti eccezionali del “moderno”, Michelangelo e Raffaello, gli unici da cui accetta di cogliere suggerimenti e ispirazione. Del resto non
nascondiamoci che il primo tra i due proprio nel “moderno” godeva di una posizione difficile. Certo, il Vasari non aveva mancato di celebrarlo, ma
sappiamo bene che poi il Buonarroti è stato posto in mora, in sospensione nei secoli successivi, per il suo accanito antropocentrismo che lo induceva a
trascurare completamente il paesaggio, l’ambiente, l’atmosfera. Il che non si può certo dire per Raffaello, genio totalizzante, ma al nostro artista di
lui piacciono le immagini composte, aggraziate, portatrici di equilibrio e simmetria.

