Ma si può dire che, entrato nel nuovo secolo, Blake si rabbonisce, il cielo assume una presenza preponderante, lo si vede da una straordinaria Scala di Giacobbe, dove in primo luogo c’è da registrare la ripulsa di uno schema geometrico piatto e banale come la circonferenza. La scelta dell’artista è a favore di un andamento elicoidale, anche in ciò presago delle nuove frontiere della biologia, pronte a respingere gli schemi ad angolo retto dell’universo newtoniano. Inoltre anche le figure umane tendono a uscir fuori dalle tenebre infernali, assumono un candore, che non è di spiacevole origine invernale, di congelamento, ma al contrario sta a indicare una possibilità di elezione, come ricevere un candido peplo per presentarsi al regno della grazia e dell’accettazione, ovvero al Cielo, al paradiso. Infatti questa scala elicoidale è percorsa da una fila di deliziose fanciulle, allungate, fusiformi, mentre al suolo giace la spoglia di chi vorrebbe ostacolare questo sereno procedere verso l’alto. Sembra già di essere in presenza di una tavola volta a illustrare il Paradiso di Dante. Questo fenomeno generale di sbiancamento si comunica perfino alla solita immagine di Dio-Urizen, a dire il vero sostituito dall’angelo della divina presenza, pronto questa volta a trasmettere lo stesso candore, simbolo di rinascita, ad Adamo ed Eva. E anche l’aria circostante si rasserena, mentre una vegetazione flessuosa incornicia le tre presenze sospese tra l’umano e il divino.
Un altro vantaggio della procedura usata dall’artista è che, dopo la stampa, poteva personalizzare le singole copie intervenendo su di esse con velature
di colore, a tempera o ad acquerello, e così ogni acquirente poteva vantarsi di ottenere un’opera unica, quasi un originale. In sostanza, non si davano
due esemplari del tutto identici tra loro.