Forse, grattando nei ricordi scolastici, ogni lettore di questo dossier ricorda la tradizionale suddivisione delle epoche storiche, tra cui le due più recenti, l’età moderna, che andrebbe dal Rinascimento alla fine del Settecento, quindi l’età contemporanea, nome vago ed equivoco, che l’opinione pubblica preferisce indicare col termine più incisivo di “moderno”, tanto che varrebbe quasi la pena di sostituirlo con “postmoderno”, a costo di farlo retrocedere molto al di qua dell’uso corrente, secondo cui un tale termine sarebbe riservato solo agli ultimi decenni del Novecento. Ritornando alla periodizzazione ufficiale, proprio Blake ci fa capire quanto sia errato collegarla alla Rivoluzione francese, che fu una specie di sintesi finale di quanto era nato nei secoli precedenti, con il razionalismo, l’empirismo, l’illuminismo. Ma che cosa sostituire a questi movimenti, e al loro comune confluire negli “immortali princìpi” del 1789? Blake ebbe l’intuizione che, per parafrasare il nostro Dante, occorreva tenere “altro cammino”, tuffarsi a profetizzare svolte di là da venire. Per capirlo, bisogna vedere in lui un anticipatore di Freud, sul piano di quanto riguarda le scienze dell’uomo, e di Einstein, per l’ambito fisico-matematico. D’altronde, Blake non era poi così solitario su questa strada, come potrebbe apparire a prima vista, dato che suoi pressoché coetanei furono proprio due nostri illustri scienziati.

