Lo stupa nasce essenzialmente come un tumulo destinato a celare, all’interno della sua solida calotta,
le ceneri del Buddha, e accoglierà anche reliquie di venerabili monaci. Nelle sue parti e nell’insieme giunge tuttavia a costituire un’enunciazione
del messaggio buddhista e un’evocazione dell’essenza stessa della buddhità, cioè di quella pace suprema che è la condizione di Illuminato;
parallelamente, esso si carica di una simbologia cosmica, andando a comporre con le sue forme architettoniche, dalla solida terra che è il suo
basamento fino al pinnacolo che esprime i mondi celesti, una sorta di diagramma di tutto l’esistente, del quale la buddhità costituisce appunto
l’autentica, ineffabile natura.
Fra gli esempi di stupa più antichi e splendidi ci sono noti solo da resti lacunosi quelli di Bharhut
nel Madhya Pradesh e di Amaravati, più a sud nell’Andhra Pradesh; mentre ben conservati sono i tre che si trovano sulla collina di Sanchi, di nuovo
nel Madhya Pradesh. In questa tipologia, il corpo semisferico del tumulo (chiamato anda, “uovo”) è circondato da una cancellata
(vedika) che delimita un corridoio per il rito onorifico buddhista - e successivamente anche hindu - della cosiddetta circumambulazione
rituale, la pradakshina, da svolgersi camminando tutt’intorno in senso orario; per accedere al corridoio, nella cancellata si aprono
portali monumentali, i torana. La decorazione scolpita si esprime in vario modo su questi elementi, ma può estendersi, come ad Amaravati,
anche sul corpo del tumulo. Un balconcino (harmika) sovrasta la calotta, e al di sopra spunta un palo (yashti) che culmina con uno
o più parasoli, simboli in primo luogo di sovranità.


