«Il cosiddetto pittoresco è caos: esso è il risultato di individualismi incuranti di un ordine generale. […] Il pittoresco, cercando la varietà ad ogni costo, diviene monotono. […] Il pittoresco deve essere sepolto per sempre, perché il suo seppellimento rappresenta una conquista urbanistica, architettonica e soprattutto spirituale. La Toscana che ne è stata invasa sia salva almeno d’ora in avanti»(1), scrive Giovanni Michelucci nel 1937 entrando frontalmente nella polemica sull’abbondanza di costruzioni segnate, nella regione, da nostalgie paramedievali. Ma gli strali si focalizzano, per evidenti motivi di numero di edifici rispetto a quelli presenti in altri centri urbani e anche per il peso di un’eredità avvertita come potenzialmente paralizzante, sul capoluogo: «E Firenze deve stare più d’ogni altra città in guardia, giacché la maggioranza del pubblico pensa che lo spirito fiorentino sia rappresentato appunto da quelle rifritture medievaleggianti […] e non, invece, […] da quel senso di precisa, pacata poesia che nasce dalle idee chiare, […], da un equilibrio morale, dalla necessità dell’ordine, dalla avversione dell’arbitrario che produce il caos, confonde le idee e disorienta lo spirito»(2).
Studi e riscoperte. 2
Il razionalismo architettonico a Firenze
TRA ORDINE
E PROPAGANDA
Negli anni Venti-Trenta in Italia assistiamo allo sviluppo di quella corrente legata al rinnovamento dei canoni architettonici in contrasto con i pattern tipici degli edifici storici. Caso emblematico Firenze, dove la spinta modernista e razionalista si trova a fare i conti con l’eredità medievale e rinascimentale della città.
Ettore Janulardo