Studi e riscoperte. 4
Il purgatorio negli affreschi di Sant’Antonio abate a Morcote (Svizzera)

L’INVENZIONE
DELLA TERRA DI MEZZO

A Morcote, nel Canton Ticino, alcuni affreschi nella chiesa di Sant’Antonio rivelano convinzioni e stati d’animo di chierici, artisti e fedeli negli anni in cui si introduce l’idea di purgatorio come luogo di passaggio: via d’uscita dagli incubi infernali, praticabile grazie a elemosine e messe di suffragio.


Patricia Lurati

Quando nella seconda metà del XV secolo santa Caterina da Genova esclamava: «Che gran cosa il purgatorio!» doveva dare voce a un sentimento all’epoca molto diffuso. Tanto diffuso che sulla parete d’altare nella chiesa ticinese di Sant’Antonio abate a Morcote, con mezzo secolo di anticipo sul Trattato del Purgatorio scritto dalla santa, era stata affrescata una scena con anime impigliate in una rete tesa da diavoli, in attesa di purificarsi prima di poter ascendere al paradiso. L’introduzione dottrinale del purgatorio nella Chiesa cattolica risale alla metà del XIII secolo, si rafforza con il Concilio di Ferrara del 1438 e si confermerà con il Concilio di Trento nel 1563.

L’insolita immagine di Morcote - tornata agli antichi splendori grazie a un sapiente restauro condotto nel 2008 da Andrea Meregalli - presenta un fondo nero sul quale si stagliano anime in forma di minuscole figure nude e asessuate mentre, da un lato, i demoni tendono la rete con delle corde e, dall’altro, con una mano la reggono saldamente e con l’altra trattengono le anime - per un piede, per un braccio o con un laccio - impedendo loro di liberarsi. Delle ventidue anime imprigionate tra le maglie infernali solo due sono riuscite a sfuggire e, accompagnate da coppie angeliche, a innalzarsi verso le altitudini celesti. Nell’empireo domina la figura a mezzo busto di Dio incorniciata da un nastro frastagliato, allusione alle nuvole, e affiancata da angeli in contemplazione, mentre nello spazio sottostante creature celesti si librano in volo.

La raffigurazione della rete con anime avviluppate che angeli e demoni si contendono è da porre in stretta relazione con la figura orante di sant’Antonio abate, patrono della chiesa, affrescata sopra la mensa sacra. La parete d’altare si prospetta quindi come una summa sapientemente congegnata della dottrina antoniana: nel registro inferiore si susseguono scene agiografiche che illustrano episodi significativi dell’esperienza eremitica del santo e culminano, in corrispondenza dell’ara, punto focale dell’edificio, nell’immagine di Antonio in preghiera nel deserto rapito dalla visione, nella lunetta sovrastante, delle anime che tentano di divincolarsi dalla rete diabolica per raggiungere la volta celeste.