Il gusto dell'arte TOUJOURS CUISINE HAUTE, NOUVELLE, di Ludovica Sebregondi Un viaggio alla scoperta delle tradizioni culturali e sociali che legano arte e cucina in Europa Prima tappa: Francia aese che vai, abitudini culinarie che trovi. L’asserzione sembrerebbe da mettere oggi in discussione per la diffusa tendenza verso una cucina “fusion”, ricca di contaminazioni desunte da culture lontane e disparatissime. D’altra parte però la ricerca sempre più accurata di prodotti agricoli e di specialità legate al territorio (la “cuisine du terroir”) radica fortemente l’enogastronomia a realtà sempre più circoscritte. P La Francia è una «République indivisible » recita la Costituzione ma - nonostante la volontà unificatrice prima della Haute e poi della Nouvelle cuisine - è caratterizzata da una gran varietà di cucine regionali. Tanto multiformi e differenziate che nel 1962 il generale Charles de Gaulle, primo presidente della quinta Repubblica, si chiedeva come si potesse governare un paese che produce duecentoquarantasei diverse varietà di formaggio. Tuttavia la nazione ha sempre guardato a Parigi quale centro propulsore politico e culturale. Come naturale, anche in Francia la cucina si è differenziata nei diversi periodi storici e a seconda degli strati sociali. Una tavola regale, ricca, opulenta, è presentata nella miniatura dedicata al mese di gennaio nel libro d’ore del duca Jean de Berry, una delle più alte espressioni del Gotico internazionale per i colori smaltati, il disegno raffinato, i dettagli realistici. Terzo figlio di re Jean II di Valois, il duca di Berry e d’Alvernia, Jean anch’egli, siede con un copricapo di pelliccia alla tavola imbandita insieme a un cardinale e sollecita gli invitati ad avvicinarsi: «aproche, aproche», si legge sopra la sua testa. Fratelli de Limbourg, Les Très Riches Heures du Duc de Berry (1412 circa - 1416), Chantilly, Musée Condé. Potrebbe trattarsi della raffigurazione di un banchetto offerto a Parigi il 6 gennaio 1414 in occasione dell’Epifania. Un trinciante è in procinto di affettare gli agnelli (o maialini) riuniti in capaci vassoi: la carne nei conviti medievali e rinascimentali rappresentava infatti la vivanda principale. Mentre un servitore affetta il pane, lo scalco maggiore controlla il vino: il colore del suo abito, lapislazzuli come quello del duca, fa comprendere che il suo ruolo a corte era di gran lunga superiore a quello dei servitori. Ai piedi del tavolo un levriero riceve il cibo da un valletto, mentre due cagnolini passeggiano indisturbati sulla tovaglia, tra preziose stoviglie. Una tavola e una cucina regale dunque, come quella che fino al 1789 ha caratterizzato il mondo aristocratico adeguandosi nei secoli al mutare del gusto e alle novità, come lo furono quelle fiorentine introdotte da Caterina de’ Medici, giunta sposa del delfino nel 1533 e poi divenuta regina. La storia di Francia ha influito anche sulla nascita del ristorante come inteso oggi: un “luogo di ristoro” di livello, differenziato dalle osterie o trattorie di antichissima origine. Se a Parigi venne inaugurato un ristorante nel 1765, fu con la Rivoluzione che simili locali si diffusero estesamente poiché aperti dai cuochi non più al servizio delle famiglie aristocratiche. I ristoranti erano confacenti alla nuova società borghese uscita dalla Rivoluzione iniziata nel 1789, ma anche a quella seguita alla Restaurazione borbonica dal 1814 e poi via via, a seconda dei mutamenti politici. Perfetti per la Belle époque che vide Parigi punto di riferimento internazionale tra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale. Una tavola borghese è rappresentata da Claude Monet, nella grande tela La colazione (1868) in cui ancora non si percepiscono le pennellate “impressioniste”, mentre la scena casalinga assurge alla monumentalità di una pittura di storia. Il dipinto esprime una quieta e intima familiarità borghese, auspicata dal pittore, pressato dai creditori e a cui l’aiuto di un mecenate aveva permesso un periodo privo di affanni economici. Monet dipinge l’amante Camille e il piccolo figlio Jean, di un anno, seduti a una tavola apparecchiata con uova sode, uva, vino, pane, marmellata, ampolle dell’olio e dell’aceto. Tutto suggerisce l’auspicata solidità finanziaria, come la presenza della cameriera e dell’elegante signora in visita: manca solo lui, il pittore, che deve ancora prendere il proprio posto accanto al giornale accuratamente piegato. Claude Monet, La colazione (1868), Francoforte, Städel Museum.