Spesso le mostre permettono lo studio comparato di opere finite da tempo in luoghi molto distanti fra loro. Con un preciso scopo visitiamo a Londra due eventi impeccabili: Modigliani (Tate Modern, fino al 2 aprile 2018) e Cézanne Portraits (National Portrait Gallery, fino all’11 febbraio).
Alcuni ritratti e sculture di Modigliani e almeno uno di Cézanne qui esposti sono infatti in qualche modo legati fra loro e danno l’occasione per riesaminare una questione finora irrisolta e spinosa, come sempre quando si tratti di Modigliani. A Londra, non a caso, non se ne parla: sono tre teste scolpite a taglio diretto in arenaria, da tempo in un caveau in Italia. Due sono datate 1909, e tutte portano segni riconducibili a Modigliani.
Non sono la prima né l’unica a crederci. C’è chi ha subìto un processo per averlo dichiarato (fra questi il critico d’arte e collezionista Carlo Pepi). In tutta la sua ampiezza la vicenda è narrata da Maurizio Bellandi nel suo bel libro Amedeo Modigliani. Le pietre d’inciampo, Livorno 2016.
Riconsideriamo ora la questione sotto un esclusivo aspetto storico-critico. Alla Tate rivediamo il Ritratto di Paul Guillaume. Precoce e lungimirante acquirente d’arte africana, generoso mecenate di uno sconosciuto Modigliani, Paul è qui il «Novo Pilota», l’intrepida guida spirituale, quasi un Virgilio dantesco.

