Dopo oltre quattro anni di lavori, il 25 ottobre scorso è stato inaugurato a Vienna il Weltmuseum (Museo del mondo). Come il vecchio Museo di etnologia, di cui prende il posto, il Weltmuseum Wien è allestito nel Neue Burg, l’ala più recente del Palazzo imperiale. Essendo collocato in un contenitore così bello e prestigioso, i lavori di ristrutturazione non hanno toccato le mura interne dell’edificio, ma si sono concentrati solo sul percorso espositivo.
L’apertura del Weltmuseum Wien segna dunque una nuova tappa del processo di trasformazione e di ripensamento dei musei di antropologia europei, che è cominciato nel 2000 con l’ingresso dell’arte “altra” al Louvre, è poi passato, limitandosi ai momenti più importanti, per il British Museum, e dovrebbe concludersi col Museo delle civiltà di Roma e con l’Humboldt Forum di Berlino.
Ovviamente la tappa di Vienna è estremamente significativa, non solo per la quantità dei reperti del museo (circa duecentocinquantamila), quanto per la loro importanza e per la loro storia, perché il Weltmuseum Wien conserva non solo i pezzi che documentano i rapporti con le culture “altre” dell’Austria moderna, ma anche quelli delle antiche collezioni asburgiche e, quindi, della monarchia che nel periodo della prima, vera globalizzazione fu il fulcro dei rapporti tra l’Europa e il resto del mondo.
Il pezzo più famoso del museo viennese, il cosiddetto “Penacho” di Motecuhzoma, un copricapo di penne di quetzal, ne è l’esempio più evidente. Infatti, per quanto non ci siano prove che avesse avuto una qualunque relazione diretta con l’imperatore azteco, per la sua rarità (è unico al mondo) e per il fatto di essere registrato negli archivi imperiali già nel 1596 ben rappresenta il momento in cui sui territori degli Asburgo «non tramontava mai il sole». Dopo essere stato oggetto prima di richieste di “repatriation” da parte del governo messicano e poi di un restauro congiunto austriaco-messicano, oggi si è arrivati al riconoscimento condiviso che è intrasportabile.


