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PUNTARESUL MIDDLE MARKET

di Daniele Liberanome

«Promuovere artisti poco conosciuti e guadagnare senza fretta» è il motto di Martin Böhm, amministratore delegato di Dorotheum, da noi incontrato nella storica sede di Vienna

In un caffè per amanti di dolci sofisticati, dopo aver attraversato grandi sale ricche di opere d’arte, al primo piano di un palazzo di inizio Novecento inaugurato dall’imperatore Francesco Giuseppe. È lì, nella sede centrale di Dorotheum, che abbiamo incontrato Martin Böhm - amministratore delegato della casa d’aste -, viennese ma non troppo, e con moglie italiana. 

In un mercato così polarizzato, in cui si moltiplicano le vendite di opere per oltre 100 milioni di euro, come ci si può opporre a Christie’s e Sotheby’s?

Scegliendo un percorso chiaro e senza rincorse a chi arriva più in alto. Ha fatto scalpore la vendita del Salvator Mundi di Leonardo per quasi 400 milioni di euro, ma ha riguardato pochissimi e mi ha appassionato soprattutto perché ha dimostrato che anche i maestri antichi, non solo i moderni, si possono vendere per cifre da capogiro. Noi guardiamo invece alle opere valutate fra i 50 e i 500mila euro, affidateci da collezionisti che conosciamo da lungo tempo. Il “middle market” non è affatto in crisi, e definirlo così è fuorviante: spendere mezzo milione di euro in arte è possibile solo per cerchie ristrette. 

Ma in quel settore non avete a che fare con concorrenza sia dal basso che dall’alto?

Non ci spaventa. Abbiamo una strategia di lungo periodo, non dobbiamo rincorrere risultati trimestrali come altre case d’asta. Questo ci permette di promuovere artisti poco conosciuti, guadagnare senza fretta sull’aumento di valore e diventare un riferimento per chi li apprezza. Così abbiamo fatto con Günther Uecker o con Paolo Scheggi, e da quando ce ne occupiamo le loro quotazioni sono cresciute a ritmi davvero importanti. 

Qual è la vostra ricetta?

Scegliere con calma gli artisti su cui puntare con un occhio alla qualità della loro arte e l’altro all’assenza di litigi fra eredi. Poi creare un rapporto umano con loro e con chi si occupa della loro produzione, con i loro archivi, e iniziare a organizzare piccole mostre, qualche pubblicazione, fino ad acquisire una profonda conoscenza del loro lavoro e del mondo dei loro collezionisti. Il trend del mercato è un altro elemento da considerare. Come accennavo prima, artisti come Uecker e Scheggi sono stati venduti molto bene da Dorotheum in un momento in cui non erano molto conosciuti. Per Scheggi abbiamo ottenuto il primo record nel 2014. Ma tutto senza creare confusione con altri canali di vendita. 

Cioè?

Siamo una casa d’aste e non una galleria e crediamo nella separazione dei ruoli. Non guardiamo agli artisti giovani, quelli devono essere promossi da altri. Ci orientiamo piuttosto su figure del recente passato, non famose per quanto meriterebbero. Sono in tanti a finire nel dimenticatoio: pare che in Europa duecentosettantatremila persone siano oggi registrate ai servizi sociali come artisti, ma pochissime di loro rimarranno note nel tempo. Perfino dell’epoca d’oro del secessionismo viennese si trattano oggi non più di una decina di nomi. Il lavoro di riscoperta è quindi ricco di potenzialità, ma ci vuole anche passione e lavoro di gruppo; per questo scelgo i miei collaboratori solo fra persone con cui ho piacere a lavorare. 

Per un’attività del genere, ci vogliono radici ben piantate in un territorio. 

Infatti, nonostante i buoni risultati degli ultimi anni, non corriamo ad aprire sedi. Rimaniamo fedeli all’asse principale della nostra attività, in Germania, Austria e Italia. Prevediamo di spingerci un po’ più in là, prima di tutto a Londra. È da queste aree che arrivano e continueranno ad arrivare la maggior parte delle opere che offriremo in vendita. Gli acquirenti, invece, provengono da ogni parte del mondo, grazie a Internet, con importante crescita di interesse dall’Asia. 

E l’Italia?

Rimane perno fondamentale per noi, basta guardare a quanti artisti italiani trattiamo. Poi avete molti e ottimi collezionisti, spesso guardinghi all’inizio, ma quando dimostri loro la tua serietà, acquisti la loro fiducia e non ti dimenticano. 

Non avrà effetti deleteri in Italia la riforma con cui si allunga il periodo in cui lo Stato può bloccare l’esportazione di un’opera, fino a settant’anni dalla data di creazione?

Ma no, è solo una legge che mette ordine e sveltisce le procedure. Le soprintendenze bloccano le esportazioni solo di rado e basta organizzarsi per tempo. L’interesse per l’arte cresce, il lavoro serio viene sempre più apprezzato. Vedo un futuro brillante in Italia per il settore in genere e per le nostre attività in particolare.


Martin Böhm (1963), amministratore delegato e socio di Dorotheum dal 2002. Economista di formazione e amante d’arte, divide la sua attività fra la casa d’asta e la direzione delle aziende tessili di famiglia.


Paolo Scheggi, Zone riflesse (1964).