La pagina nera

QUANDO BELLEZZA
CEDE A STANCHEZZA

Due opere di Gio Ponti rischiano di andare fortemente in rovina. A Taranto la concattedrale Gran Madre di Dio è in un mare di sporcizia e le pareti esterne sono parzialmente lesionate. A Forlì è stato chiuso nel 2015 l’Hotel della Città et de la Ville, in origine centro di ospitalità per artisti, scienziati e letterati. Chi se ne prenderà cura?


di Fabio Isman

Povero Gio Ponti, immenso architetto ed eclettico inventore (1891-1971): se le sue creazioni per la manifattura Richard-Ginori di Doccia (Sesto Fiorentino, Firenze) sono state salvate in tempo (il Ministero dei Beni culturali ha da poco acquistato, permutandoli con le imposte dovute, tutte le porcellane e l’intero museo dell’azienda che era fallita), due suoi capolavori assoluti giacciono invece in crisi profonda, per motivi che non è dato di capire nella loro intera complessità; e quindi, si trasformano in altrettante “spy story” della bellezza dimenticata e negata.

Siamo a Taranto e a Forlì, per due realizzazioni abbastanza rare nella tipologia della produzione di Ponti. Che, però, per sopravvivere, necessitano di profondi interventi, e di manutenzione. Non solo: quella pugliese costituisce anche il suo passo d’addio. È l’ultima opera nella penisola, seguita unicamente dall’Art Museum a Denver: l’avveniristica concattedrale della città, intitolata alla Gran Madre di Dio, diventata famosa almeno quanto il suo grattacielo Pirelli, il più alto in Europa dal 1958 al 1966, e uno tra i simboli (lo è ancora, o lo era?) di Milano.

Gran Madre di Dio, concattedrale di Taranto (1970). L’edificio riflesso nello specchio d’acqua antistante, simbolo del mare, secondo il progetto originale di Gio Ponti.


Dopo un progetto per una chiesa evangelica a Milano nel 1935, e un altro tra il 1955 e il 1960, Ponti realizza tre edifici sacri, di cui due a Milano; e ne progetta un altro, a Los Angeles. Quello di Taranto è pensato dal 1964 (dopo la rinuncia di Pier Luigi Nervi, che propone lui come progettista), intrapreso nel 1967 e aperto dal 1970. È privo di una cupola: la sostituisce un doppio muro traforato alto 40 metri; un “pendant” della facciata lunga 87 metri, analogamente traforata. Le aperture del doppio muro, diceva lui, erano state create «perché gli angeli vi potessero sostare».

L’insieme evoca la tradizione marinara della città: la vela al posto della cupola è una facciata sul cielo. All’inaugurazione (dieci minuti di applausi al suo discorso), l’architetto spiegava: «Ho pensato due facciate. La minore, salendo la scalinata, con le porte per accedere alla chiesa.