Come l’Italia nel mondo globalizzato è nota per pizza, pasta e tiramisù, la gastronomia spagnola viene spesso ridotta a “tapas”, “gazpacho”, “paella” e crema catalana, piatti che nelle migrazioni hanno perso le caratteristiche originarie. Ma tutte le cucine sono sempre state territorio di contaminazioni: così quella spagnola, per la posizione geografica della penisola iberica tra Mediterraneo e Atlantico, vicinissima all’Africa, ha risentito di influenze disparate, a cominciare da quelle dei cartaginesi e dei romani, che vi hanno trapiantato la coltivazione dell’ulivo. La conquista musulmana dal 711 ha causato soprattutto nel Sud profondi mutamenti con l’introduzione di canna da zucchero, riso, limone, pompelmo, ma anche con l’eliminazione di vino e carne suina. Molti secoli dopo ulteriori novità sono state introdotte dai prodotti importati dalle Americhe quali fagioli, peperoncini, mais, cacao, patate, pomodori e caffè, che sono transitati dalla penisola per diffondersi quindi in tutta Europa.
Cucina, quella spagnola, differenziata a seconda delle regioni, ma accomunata dall’olio d’oliva, dall’aglio e dal peperoncino. Le zone dell’interno sono
caratterizzate da piatti contenenti legumi, da prodotti caseari e da insaccati, come il famoso “jamón serrano”, prosciutto ottenuto dalla razza Pata
Negra, o il “chorizo”, un salsicciotto molto piccante.