Il Museo immaginario


IL VASAIO PAZZO
DI BILOXI

di Alfredo Accatino - Il Museo Immaginario
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Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla riscoperta di grandi artisti, di opere e storie spesso dimenticate: George Edgar Ohr

Il vasaio pazzo di Biloxi - come veniva chiamato in città - nome che sembra già da solo il titolo di un film di Tim Burton - si chiamava in realtà George Edgar Ohr.

Era un genio diverso, capace di sperimentare, in una zona depressa degli Stati Uniti, strade del tutto innovative per l’arte e la storia della decorazione, presagendo, come alcuni critici hanno individuato, la nascita dell’espressionismo astratto di matrice americana. Lo ha fatto plasmando l’argilla tra il 1880 e il 1910. Lo ha fatto proponendo anche una visione personale e istrionica del suo “essere artista”, realizzando selfie bizzarri e ironici, che all’epoca mai nessuno aveva realizzato prima, che hanno come protagonisti indiscussi i suoi baffi lunghi diciotto pollici, che spesso si arricciava dietro le orecchie.

Ohr (che in tedesco significa orecchio) nasce a Biloxi, Mississippi, nel 1857 da immigrati tedeschi. Lavora come fabbro dal padre, aiuta la madre nel negozio di alimentari, poi prova altri diciannove lavori diversi, prima di iniziare a frequentare, come apprendista, il laboratorio del ceramista Joseph Fortune Meyer. Dirà: «Quando ho scoperto la ruota del vasaio mi sono sentito come un’anatra selvatica che scopre l’acqua». È l’incontro che cambia, di fatto, la sua esistenza, che gli darà la forza e la follia per superare mille difficoltà. La sua vita non sarà facile, riuscirà ad affermarsi nel proprio lavoro, ma vedrà morire cinque dei suoi dieci figli, prima che un cancro alla gola, dopo averlo fatto soffrire a lungo, lo porti alla morte a sessantanove anni nel 1918. È in un arco di trent’anni che si racchiude la sua produzione, stimata in circa diecimila pezzi, la maggior parte dei quali andati dispersi.