Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573), di solito conosciuto con il solo nome della città in cui è nato, è stato tra i maggiori architetti e teorici del suo tempo. Aveva iniziato, come assistente di Francesco Primaticcio, nel cantiere di Fontainebleau. Del 1562 è la Regola delli cinque ordini d’architettura, fino all’Ottocento assai diffusa in tutta Europa; e suoi sono, per esempio, palazzo Farnese a Caprarola e villa Lante a Bagnaia (entrambi in provincia di Viterbo), o, a Roma, villa Giulia, la chiesa di Sant’Andrea in via Flaminia e la chiesa del Gesù, la facciata di Santa Maria dell’Orto, gli Orti farnesiani al Palatino, il progetto per Sant’Anna dei Palafrenieri in Vaticano e uno, mai eseguito, per la facciata di San Petronio a Bologna, e tanto altro ancora. Ma, in pieno centro a Rieti, gli appartiene anche la chiesa di Sant’Antonio Abate: lo documenta un pagamento del 1570, quando il Vignola aveva sessantatre anni e gliene mancavano tre per andarsene. Solo che, da quasi mezzo secolo, quarantasei anni per essere precisi, nessuno si ricorda più di questo edificio di culto. E il luogo versa in un incredibile stato di abbandono: le scritte all’interno mostrano che è stato probabilmente teatro di messe nere, satanisti e vandalismi vari; la navata è il regno di piccioni morti e di strati di guano; l’arredamento, tutto rimosso e scomparso.
La pagina nera
MA QUI SONO PADRONI
L’INCURIA E I PICCIONI
Chiesa di Sant’Antonio Abate a Rieti: progettata dal Vignola nel 1570 versa, dal 1972, in una condizione di grave sofferenza. Tra i pochi interventi, i terremoti - causa di pesanti lesioni -, i fondi mai spesi, l’occupazione abusiva, il prezioso edificio potrebbe avere i giorni contati. A meno che qualcuno non decida di porre fine a questo scempio.
di Fabio Isman